Non ho la patente. Non guido. Non ho mai sentito la mancanza di un’auto o la necessità di avere un mezzo di trasporto mio, indipendente.
Tu dirai: ti fa comodo però quando qualcuno ti scarrozza in giro.
Certo mi fa piacere e talvolta è davvero utile. Ma si può fare anche senza. Spendendo dei denari ma si può fare senza.
Ci sono solo due cose che ho dovuto rinunciare a fare, sinora, perché non ho la patente.
Un tour dell’Irlanda e un tour della Normandia.
Ci sono dei momenti, rarissimi, in cui mi verrebbe voglia di saper guidare ed essere al volante di una macchina.
Uno è quando sento “Guido piano” di Concato ed ho voglia di andar via. Come la canta lui lo fa sembrare idilliaco.
Ieri, al tramonto, è stata una di quelle volte.
La Galu ha lasciato il maggiolone per una macchina tipo jeep con la ruota di scorta sul portellone dietro.
Non chiedetemi quale macchina, non ci capisco nulla. Se non ricordo male è Suzuki. Non assicuro nulla.
Ieri sera, tornando da San Jose del Cabo, percorrevamo questa carrettiera in mezzo al deserto con vista sulla baia. Il cielo era azzurro e rosa come il vestito di Aurora nel finale della Bella addormentata di Walt Disney. Il vento piegava le cime delle palme altissime e snelle. La strada semideserta (è sempre così) i finestrini aperti, quell’aria in viso… ho avuto voglia di saper guidare e perdermi in quella sensazione.
Un film. So di averlo già detto ma qui spesso pare di essere in un film.
Ma torniamo indietro un po’.
Sabato mattina e dopo aver riportato a casa i panni dalla lavanderia la galu mi dice che andiamo al mercato organico a San Jose del Cabo a 30 km. da qui.
Mezzogiorno, sole a picco e aria condizionata a palla.
Il mercato organico è una specie di fiera hippy in uno spiazzo tra il verde e la sabbia. Per chi ci è stato ricorda molto le sagre di Novegro.
Ancor di più ricorda le sagre estive che frequentavo, sedicenne, nell’entroterra ligure. Il tempo degli hippies, delle comuni e dei figli dei fiori.
Ci sono fricchettoni gringos con la chitarra che suonano vecchie canzoni. E ricordano John Denver, James Taylor. Insomma la musica West Coast. Beh siamo nella west coast, che pirla che sono!
Bancarelle sparse tra la poca ombra dei pochi alberi e il sole dritto del mezzogiorno.
Infatti questo è l’ultimo sabato, poi chiuderà per riaprire in ottobre.
Sono pochi, hanno frutta, verdura, erbette organiche.
Altri hanno monili curiosi, alcuni banalotti.
C’è una signora con la faccia da indio che intreccia rafia (credo) qualcosa con la foglia lunga lunga e fa scatolette, vasi. E’ pazzesca, velocissima e intreccia all’ombra seduta per terra.
Quadri, magliette che sembrano uscite da un film degli anni 70. Di quelle tipo candeggiate con i nodi.
Ponchos, stole fatti all’uncinetto.
Una signora ha tutti dei vestiti di una specie di pizzo. Tutti bianchi. Belli. Piccoli. Sgrunt.
Ci fermiamo a mangiare in un banchetto dove una donna impasta incessantemente e con un aggeggio di legno crea la forma delle tortillas. O come diavolo si chiamano.
Ragionavamo con la galu che qui, alla fine della fiera, cambiano il modo di piegarle, arrotolarle o imbottirle ma sempre pizzette di farina farcite sono.
I messicani le hanno risposto che è così pure con la pasta. Cambia la forma, cambia il condimento, ma sempre quella è.
Uno a uno.
C’è un tipo che vende del tè non-capisco-cosa.
Si scoprirà essere un tè al basilico con il miele. Non è male.
Siamo sotto un gazebo di plastica e sopra il sole. Caldo ma pensavo peggio.
Ci facciamo un giro, la galu incontra qualcuno che conosce (come sempre ovunque …) e leviamo le tende.
Siamo fuoristrada. La sabbia si solleva al passaggio dell’auto e intorno c’è il deserto a perdita d’occhio.
Arriviamo ad un cactus garden. Un vivaio che vende piante di cactus e palme.
Ho anche visto un palmActus! Un piccolo cactus come stelo sottile e un ciuffo in alto come una palmina.
Hanno un bellissimo giardino di sabbia e sassi che ho fotografato in tutte le salse.
Un enorme albero campeggia al centro del giardino. E’ un mango pieno carico di frutti.
Hanno fatto delle composizioni con i sassi in bilico, una sorta di struttura come per dei rampicanti di legno e corda. Degli eolici di legno vuoto che suonano al vento.
Il paesaggio è molto zen. Quasi giapponese.
Mi perdo saltellando da un cactus ad un altro (che nessuno si azzardi a fare dell’ironia su questa ultima frase eh?) scattando foto ad ogni angolo.
San Jose del Cabo. E’ una vera città messicana, fatta come quelle spagnole. La piazza, la cattedrale, il monumento e un gazebo bianco, bianchissimo centrale decorato.
Un grande viale alberato, la via centrale, case e negozi ai lati, palme che fanno ombra al marciapiede.
Colori vivaci, suoni che arrivano da ogni dove.
Essendo in messico andiamo, giustamente, ad una French cafeteria.
I dolci sono spettacolari e, scoprirò, anche buonissimi e davvero dal gusto francese.
Il posto ha una piccola terrazza, tre tavolini in tutto sulla strada circondata dalla buganvilia come la chiamano qui.
Si sta una delizia.
Mentre aspetto che arrivi la mia torta con la cocacola (si la cocacola avevo sete dal morire dopo il tè al basilico con il miele, lo so che non la bevo di solito ma abbiate pietà) un signore più o meno della mia età, americano, mi chiede come sto. Arriva la galu e, naturalmente, si conoscono.
Iniziamo una di quelle classiche conversazioni da libro comico.
Lui: ooooh sono stato in italia per circa sei mesi
Io: bello (e quindi?)
Si si c’era un ristorante adesso non ricordo bene la via si chiamava albero fiorito
Quando sei stato in Italia?
Venticinque anni fa.
…. Quanti posti hanno chiuso in venticinque anni? Si ricorderà la milano da bere o quella già mangiata e digerita?
E’ un po’ come quando dici sono di milano, e ti chiedono milano, milano?
Manco fossimo in america e specifichi Washington, DC o New York, NY.
Milano. Basta.
Milano città?
Si
No perché sai di solito si dice milano anche per intendere i dintorni.
Si ma io non sto nei dintorni, sto a milano.
Ah ecco! Conosci patrizia? Una ragazza bionda …
Chi?
Ho un’amica che sta a milano, si chiama patrizia …
In che zona di milano? (che cazzo gli sto dando retta a fare?)
Boh non lo so milano milano.
Eh no, mi spiace, non conosco nessuna patrizia.
Qualcuno a questo punto si arrende.
Altri seguitano con i dettagli.
Inutili….
Bene scoperto che abito a milano e il ristorante albero fiorito non lo conosco andiamo avanti e cerchiamo di scoprire se io sia mai stata al Festival dei Due Mondi di Spoleto.
No unfortunately not.
EEhhhhh è bellissimo! Non ho mai visto tanti gay tirati a lucido come al festival dei due mondi.
Sarà, io ne ho visti di più al gay pride ma questione di opinioni.
O qualche volta semplicemente sotto casa ..
Sì perché i gay italiani
(fammi capire stiamo davvero parlando di questo? Lui è evidentemente etero, è con una donna della sua età con la quale appare evidente abbia una relazione in corso. E stiamo parlando dei gay italiani. TU fucking american in un assolato pomeriggio messicano, in una caffetteria francese mi stai davvero parlando dei gay italiani? Oppertuttelescopedisaggina! Ecche è?)
Insomma descrive i gay italiani in un modo che non mi corrisponde tanto.
Forse ha visto dolce & gabbana. Non i gay del popolo.
Allora si passa ad un bar di roma … no non era un bar ma una trattoria.
Voglio suicidarmi. La torta mi sta andando di traverso e la galullo ride.
Il problema è che lei gli sta di spalle ed io di fronte. Quindi parla, parla, parla.
La galullo, che si è imbarbarita da quando è qui e beve cose imbevibili, si è fatta portare un moka frappe. Un biberone enorme con caffè al cioccolato credo del latte e del ghiaccio tritato fine.
Intanto il ghiaccio tritato fine non è un frappè. Cazzo.
Sarà una sorta di quella cosa che si chiama frappuccino da starbucks e che io ho sempre evitato come la peste?
Forse.
Insomma, sopravviviamo anche alla conversazione amena sull’italia, il cibo e i gay italiani (santa Cleopatra, una volta l’italia era paesaggio, cibo e belle donne …. Sono proprio fuori da qualsiasi target e fuori da qualsiasi gioco, povera me!)
Andiamo a veder la plaza tipica spagnola.
Io mi fermo ad ogni vetrina di gioielleria. Ho scoperto gli opali. O meglio ho scoperto che qui ci sono molti opali. Di vario tipo, persino l’opale di fuoco. E come il fuoco costano. Resteranno qui, ma almeno mi lucido gli occhi.
Giriamo un angolo ed ecco che si apre, immensa la plaza.
La cattedrale è bianca con due campanili, come si addice allo stile e … oooohhh ci sono un sacco di limousine che transitano davanti alla scalinata.
C’è un matrimonio.
Come due comari (a me sembravamo adelina e guendalina qua qua) ci fiondiamo a sbirciare e spettegolare.
C’è tanta gente del pueblo che aspetta di vedere la sposa.
Siamo state lì forse più di un’ora.
Abbiamo scoperto che in realtà quel che abbiamo visto era in parte la chiusura di un matrimonio precedente e la preparazione di questo.
Sono gringos, si vede lontano un miglio.
Fuori dalla chiesa c’è un tizio buffissimo con un cesto pieno di ventagli di quelli di legno tipo cinesi (non erano “tipo” cinesi ma lo scoprirò solo dopo) e un libretto nero credo con la funzione.
Accanto a lui una vestita malissimo ma convinta di essere molto alla moda.
Un’altra che si agitava a destra e a manca vestita di tutto punto con un tubino nero molto elegante e … le flip flop. Probabilmente il tacco 12 stra firmato aspettava la fine delle corse per essere indossato.
Abbiamo provato a sbirciare dentro alla chiesa ma non era facile.
Su sagrato quel che restava dei petali di rosa rossa che erano stati lanciati alla sposa, o che avevano sparso sul suo cammino all’ingresso.
La flip flop e altre cercano di soffiar via i petali rossi (impresa ardua invero) e altre spargono sul tappeto rosso che si stende sulla seconda scalinata, quella piccola che entra in chiesa dei petali di rosa bianca.
C’è un figo pazzesco con un vestito bianco e le scarpe da tennis bianche immacolate! Proprio un fig … un altro gay. E’ gay. E allora ma è rimasto un etero decente su questa cazzo di terra? Pfff
Arrivano uno ad uno i mariachi vestiti di grigio e con i vestiti pieni pieni di borchie e fanno rumor di metallo mentre camminano.
Donne americanissime arrivano con vestiti molto griffati e le scarpe sono prevalentemente manolo blanik e jimmy choo. Sbavo, inutilmente, non potrò mai permettermele e non soltanto per il costo.
Troppo piccole, tacchi troppo alti e troppo sottili. Mi spaccherei una caviglia se non la gamba intera.
Sospiro.
Tre uomini con una rosa arancio all’occhiello. Un giovane nerd sfigatello con gli occhiali e la faccia da topo, un signore più attempato e un bel figone alto, un bell’uomo. Scopriremo che è odioso.
Intanto lo vediamo esibirsi in una buffissima rimozione di un addobbo sul portone della chiesa che non appartiene al loro matrimonio. La foto che gli ho fatto è sfocata ma val la pena di tenersi questo ricordo.
La lotteria del “chi è lo sposo” andrà avanti sino all’ultimo secondo.
Iniziano ad arrivare taxi che sfornano cinesi a profusione.
Beh i cinesi son tanti già di loro.
Uhm … matrimonio cino-gringo? Forse sì.
Ad un certo punto arriva una specie di ape piaggio sul lato dove siamo sedute la galu ed io e le zabette locali. Rapidi rapidi prendono dall’esterno della chiesa i fiori del matrimonio precedente.
Un signore tracagnotto, un ragazzotto vestito quicksilver e una signora … beh! Un cinema di donna.
Tracagnotta, panzuta, truccata e un po’ sbavata, presumibilmente anche acconciata ma ormai al limite dello spettinato sciatto. Pantaloni aderenti tipo fuseaux e blusa che le segnano ogni singola curva, ne ha un po’. E un tacco 12 di un colore e una foggia che non c’entrano una cippa con il resto dell’abbigliamento e che si vede le provocano sofferenza ad ogni passo specie sul sagrato della chiesa.
Si piazzano al lato del sagrato e iniziano a scaricare fiori, confezionati in mazzi, vasi vuoti, regginonsocosa vuoti e una specie di spruzzino con lo scottex.
Una scena buffa e grottesca.
Il figo-ma-antipatico arriva stizzito chiedendo cosa diavolo stiano facendo. In Americano.
La signora dondolando sui suoi tacchi gli risponde con aria di sufficienza in messicano.
Lui dice che non capisce e lei gli risponde con aria di sfida che non sono affari che la riguardino.
Cerca di far capire che la sposa deve ancora arrivare e loro cosa fanno lì sul sagrato?
Allora intanto la sposa aveva tutto lo spazio del mondo per arrivare e non vedere nulla.
E poi la signora in messicano stretto (lo so solo perché c’era la galullo) gli ha risposto che lei era la wedding planner del matrimonio delle sei (questo era quello delle cinque) e che doveva preparare gli addobbi. E non c’era altro posto.
E poi credo lo abbia pure mandato a fare in culo.
Lui se n’è andato stizzito ma ha dovuto mettersi la stizza in tasca e arrendersi alla signora che sbuffando e dondolando metteva vasetti di vetro in reggi vasetti di vetro e quindi dei piccoli lumini dentro ai vasetti.
Candele infilzate in candelabri a non so più quanti bracci.
A vasi di vetro trasparente che venivamo meticolosamente puliti prima dal signore tracagnotto con lo spruzzino e lo scottex nei quali la signora lanciava con una grazia da …. non so …. panda senza mani? i petali delle rose che andava staccando dallo stelo e sfogliando.
L’azione dello staccare il bocciolo e restituire al ragazzotto fasci di steli di rose spinosi e senza fiore mi ha fatto pensare a mortissia addams e ormai non facevo più neanche lo sforzo di dissimulare le mie risate.
La situazione, in toto, era così divertente che ho deciso di ridermela in santa pace.
Quando poi sono arrivati due energumeni stile blues brothers, ma cinesi, ho rischiato di strozzarmi.
La galullo è andata a prendersi un bel ghiacciolo, l’acqua per me e ci siamo belle belle accomodate intenzionate a goderci lo spettacolo per intero!
Le comari messicane ridevano e ciaccolavano allegramente contente di sapere che ci sarebbe stato un matrimonio anche alle sei. Avevano risolto il pomeriggio intero!
Limousine nera in arrivo.
Scendono solo un fotografo e le damigelle, tre vestite di blu, sobrie. Con piccoli bouquet di rose arancio tra le mani.
Arrivano ed insieme ai tre con le rose all’occhiello si agitano spostando il tappeto rosso, chiudendo e riaprendo la porta della chiesa. Insomma agitazione allo stato puro.
Un giro di piazza della limo e, finalmente la porta si apre.
Ne esce una signora cinese molto elegante in un abito occidentale ma coloratissimo.
Un signore che sembra aver cent’anni con la testa color della neve
E la sposa.
Una cinese con i lunghi capelli scuri, ma non troppo, lisci acconciati un po’ gonfi.
Un abito bianco con la coda e un velo bianco puntato in testa.
Si mette di lato al portone e a due a due con singole aperture del portone della chiesa (ecco perché le prove) entrano lo sposo e sua madre.
Noooooooooooooo è il nerd sfigatello!
Il signore attempato con una delle damigelle.
E il testimone dello sposo (sì il figo odioso) con la dama d’onore della sposa.
Entrano a coppie in pompa magna.
Infine si prepara la sposa a braccetto con il padre e l’ultima di blu vestita, probabilmente la sorella, cinese e somigliante, e proprio quando sono davanti alla porta il vento solleva il velo della sposa. Uno scatto di cui vado fiera.
La riaggiustano, lei prende fiato e le aprono la porta.
Il vento farà più di un dispetto perché la porta che loro desideravano rimanesse chiusa continuava a spalancarsi e offrirci velocissime visioni dell’interno. Alla fine il signor ventagli e libretto e un altro sono stati tutta la cerimonia a tener chiuso il portone.
Tanto meglio sarebbe stato lasciare vedere al mondo quel momento e goderselo tutti no?
Ma il buon senso, si sa, non è dono dato a tutti.
I mariachi, intanto, si sono spostati in una specie di giardinetto adiacente il lato opposto della chiesta e provano (ma … adesso? Devono suonare tipo … adesso!) la marcia nunziale. Quella di Ludwig, quella di wagner. No no no non la sanno.
Vorrei restare a sentire che combinano ma conveniamo che è ora di andare a fare la spesa e anche tornare a casa magari!
Il mega-iper-giga di quest’oggi si affaccia sul mare.
Cioè tu di sabato sera vai a fare la spesa, esci con il tuo carrello carico e scendendo con il tappeto mobile vedi il mare e le palme che si agitano al vento.
Beh! Come al fiordaliso no?
Ed è a questo punto che ci ritroviamo in auto, al tramonto, il vento in faccia e il colore rosAzzurro del cielo.
Canticchio guido piano e poi, non so perché … momento la galu non ha la radio in macchina perché gliel’hanno rubata e rimettercela servirebbe solo a fargliene rubare un’altra .. faccio io la radio.
Quindi non so perché mi trovo a canticchiare California Dreamin’ ed ho un flash! Una folgorazione.
Vado in California!
Vado in California, ci vado davvero e ci vado tra una settimana.
Ti sogno california e un giorno io verrò …. Quel giorno è quasi qui, quel giorno è quasi oggi.
Ed avevo pensato non sarebbe stato mai.
Mi ero arresa al fatto che non sarebbe stato mai.
E Las Vegas? Siessai, ocean eleven …. Che bello!
Che bello è vivere e farsi sorprendere ancora. Che bella è la meraviglia e che meraviglia è riuscire a provarla ancora intatta. Come se mai nulla fosse stato.
E canticchio California di Joni Mitchell mentre viaggiamo nel tramonto ventoso.
Sono felice. Proprio felice.
E qui mi sento di ringraziare il cielo, il destino, l’energia dell’universo per avermi fatto incontrare un gruppo di scavezzacollo ai quali voglio un bene dell’anima. Un bene dell’anima.
E’ stato meraviglioso incontrarli, conoscerli, passare del tempo insieme, accudirli e sentirli sbraitare.
E’ stato meraviglioso incontrarli, conoscerli, passare del tempo insieme, accudirli e sentirli sbraitare.
So per certo che è anche grazie a loro che io oggi posso permettermi di vivere questa avventura totalmente folle. Perché avete hanno riportato nella mia vita un po’ di quella freschezza che c’è solo quando ancora c’è la speranza.
Perché mi hanno ricordato cosa mi appassionava, la musica, il cercare di raggiungere qualcosa. Mentre ero una donna finita e totalmente arresa.
Non che sia cambiato molto ma qualcosa ha fatto click e forse potrebbe essere un modo per ritrovare la forza di lottare e dirmi che no, non è finita sinchè c’è fiato.
Perché mi hanno ricordato cosa mi appassionava, la musica, il cercare di raggiungere qualcosa. Mentre ero una donna finita e totalmente arresa.
Non che sia cambiato molto ma qualcosa ha fatto click e forse potrebbe essere un modo per ritrovare la forza di lottare e dirmi che no, non è finita sinchè c’è fiato.
Grazie ai miei vicini, ex vicini, futuri vicini, amici dei vicini vecchi e nuovi e a quell’anima speciale con la quale vibro in armonia.
A proposito del ristorante italiano Albero Fiorito... di cui ti parlava quell'americano... è uno dei posti piu' pazzeschi di Milano... quando torni ti ci porto! :)
RispondiEliminaPensa te che io lo avevo preso per cialtrone!
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