mercoledì 18 maggio 2011

Luna llena

Questa notte pleninulio.
Qui tutte le manifestazioni della natura dalla luna alle maree vengono vissute come eventi e come tale festeggiate, celebrate, ricordate.

Per ogni plenilunio c’è un evento alla Casa de la Cultura, un enorme spiazzo in cima ad una montagnola di sassi, sabbia e cactus che di giorno è battuto dal sole incessantemente. C’è anche un edificio della casa della cultura dove si tengono corsi vari dal ballo folkloristico a non so cosa.

Questa notte si celebrava il plenilunio ricordando Pita Amor una poetessa messicana nata nel 1918 e morta nel 2000. Una specie di Alda Merini messicana. Volendo proprio trovare qualcuno di italiano a cui paragonarla. La cultura del paese qui è molto radicata e si studia e si tramanda con grande passione e gran calore.

Questa Pita Amor è stata modella per foto e dipinti. Ha fatto scalpore per i suoi nudi negli anni 30. Ha scritto una gran quantità di poesie (che ho scoperto essere, in Messico, lunghissime) ed era conosciuta come l’undicesima musa.
E’ stata amica di Diego Ribera, uno dei più celebri muralisti messicani e di toreri e personaggi di cultura. Di molti di questi è stata anche amante. Come tutte le muse.

C’è un altro personaggio femminile che qui appare ovunque ed è Frida. Che è stata la compagna di Diego Ribera. Ci sono sue immagini sue dappertutto quasi quanto la Vergin del Guadalupe. Che è ovunque.

La giornata oggi era calda ed anche stranamente umida.
La sera però, da qualche giorno, inizia ad alzarsi il vento che durante la notte diventa forte e sbatte alberi e foglie e fischia veloce.

Siamo uscite di casa intorno alle 9. In modo messicano. Essendo l’appuntamento per le 20 non ci si muove prima di un’ora dopo quella fissata. Usanze.

Sulla collinetta c’era una banda (qui si chiamano bande le piccole grandi orchestre per gli eventi) perché son tutte di fiati e percussioni. Come le bande che conosciamo noi.
I suonatori erano tutti ragazzini di scuole di Guadalajara che son stati invitati appositamente per suonare al plenilunio.

E’ stato bizzarro, per me, che il direttore annunciasse che la luna iniziava ad alzarsi, dopo un paio di pezzi.
E in effetti si vedeva spuntare la luna da dietro un palazzo di qualche piano (per qui alto visto che è tutto molto basso).
C’erano molte persone, anche politici. Qui sono appena stati eletti i nuovi rappresentanti delle varie cariche e si devono far vedere in giro.

Il nuovo responsabile del turismo mi sembrava Peppone. Ecco qui l’aria è un po’ quella di Don Camillo e Peppone. Ferma a quello stadio lì. Dove tutti si chiamano per nome, si fanno foto insieme e si danno gran pacche sulle spalle.
Insomma: tutto il mondo è paese. Ma qui è più naive, per certi versi.

Due ballerine ed un ballerino, bono ma gay, hanno ballato una danza molto primitiva (anche se danzata nello stile classico con punte e figure perfette). Lui truccato come un precolombiano, un copricapo di piume, il trucco nero come una maschera intorno agli occhi,  il torso nudo, i piedi nudi e dei calzoni strani.
Hanno danzato col il fuoco voltandosi costantemente alla luna, indicandola.
E si seguiva il sollevarsi di quella palla bianca, tra la musica, le parole e i gesti.

Il pezzo forte della serata sono state due donne locali, credo intorno ai cinquanta, sessant’anni (una delle due è bisnonna!) che,  vestite e acconciate come Frida hanno recitato un poema di Pita Amor. Accompagnate al pianoforte da un maestro davvero bravo e delicato.

Queste due donne, forti, grintose, con il rosso nei capelli o nella vesti, con gli abiti lunghi, la voce come musica che parlavano con le parole di questa donna impossibile da descrivere se non con le sue stesse parole.
E questo han fatto loro.

C’è stato un punto in cui hanno elencato i suoi difetti. Parlavano entrambe con la voce di Pita. Dicevano che lei non ha età, non l’ha mai avuta ed ha l’età che si sente il suo cuore e le sue arterie.
Che aveva più vita lei delle adolescenti senza meta e senza nerbo che vedeva dattorno. Ed è morta nel 2000. Chissà cosa direbbe delle adolescenti di oggi.

Parlavano alla luna, con la musica e  un vento forte che muoveva le loro gonne e faceva volare i loro fogli. Ma imperterrite leggevano e recitavano.
Fiere. Ecco: fiere.

Poi ha parlato dell’amore e di come lei lo avesse sempre vissuto in do maggiore.
Questo parallelismo dell’amore con un accordo mi ricorda un’altra analogia, un’altra somiglianza.
Devo riuscire a trovare qualcosa di suo tradotto in italiano anche se temo non avrebbe lo stesso sapore e la stessa energia.

Suggestivo, bello, intenso. Suono, voci, musica, fuoco, danza.
E alla fine di tutto del vino rosso per scaldarci e chiudere brindando a tutto quanto.

E la luna da lassù luccicava e, son sicura, sorrideva.
Anche del vento che ci faceva volare tutto dovunque e non ci lasciava stare un attimo.
Dispetti del vento e della luna piena.

In una notte di plenilunio, in Messico.

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