giovedì 12 maggio 2011

.. sett – e – otto …

Quando penso a Billy Elliot mi viene sempre in mente un-due-tre-pasdebourrèe che però suona unduetrepadeburè e l’insegnante che conta eeeeeeee uno … su il braccio …. eeeeeee due .. dritta a gamba … eeeee tre … nicole smetti di parlare.

El Tino è l’insegnante di Zumba (con la esse di sasso). Bel fisico, bel faccino.
Noooooooo eccheccazzo! Pure qui?
Sì pure qui: gay. Ma non quel gay chic che non impegna come la stragrande maggioranza dei miei amici.
Questo quando si muove sembra … una regina. Che so Shakira? Ecco tipo shakira. Con meno tette e più polpacci.

Quando fa i movimenti di fianchi si agita come una danzatrice del ventre. Mi vien da sorridere.
Mentre sudo come un cane bagnato e mi sento i polpacci come il marmo.
La musica è bella, frocia, spagnola. Prevalentemente shakira in spagnolo, la lopez e altre cose non meglio identificate che dopo due lezioni sai già.

Le lezioni di zumba costano 50 pesos l’una. Più o meno quasi 3 euro.
Qui con i soldi europei si fanno tante cose. Per i locali la vita è costosa perché prendono una miseria di stipendio in generale. Per gli americani così così ma per gli europei gli acquisti valgono la pena.
Comunque: il modo migliore per riuscire a praticare efficacemente la zumba è pensare di essere al Borgo e di essere nella frociaggine massima possibile. A quel punto va todo bien!

Mi sono iscritta ad un corso online di spagnolo, come da suggerimento del mio amico A., quel gran pezzo di figo di A., aggiungerei.
Ha pubblicato da poco delle nuove foto su face book e sono davvero belle.
Lui è davvero bello e in quelle foto, ma credo non lo sappia, sembra un bimbo.
Ha lo sguardo da “arriva subito, mi vien da piangere, mi riconosci ho le tasche piene di sassi”. E fa una grande tenerezza.

So che a questo punto M. leggendo starà storcendo il naso perché io dico sempre che A. è un gran figo. In realtà A. ha questo atteggiamento FINTO degagèe, fintissimo e invece molto molto studiato, che lo rende incredibilmente attraente.

La bellezza di M., invece, è più discreta, nascosta dalle sue stesse barriere, dalla timidezza. Ma quando ti guarda dritto negli occhi e non ci sono altri è bellissimo. E ha un sorriso che riempie il cuore, gli occhi e l’anima.

Mi mancano i miei amici (il maschile è utilizzato in italiano quando un gruppo è misto, giusto per non essere fraintesa), qualcuno più di altri, ma mi mancano un po’.
Qui non ho persone con le quali parlare. Chiacchierare sì, parlare no.
La galu è una con cui si parla ma ha da lavorare e comunque ci siamo già dette tutto. E qui è tutto così nuovo, ci sono tante cose da vedere e da imparare.

Nel piccolo condominio qui c’è la piscina di cui ho già parlato. La piscina non è mai pulita.
E quando il juan-nonmiricordocosa (qui nessuno ha un solo nome tutti sono juan qualcosa – maria qualcosa  ed hanno anche il doppio cognome) la pulisce – insomma non è che proprio la pulisca, ci fa scorrere dell’acqua – sembra bella e invitante. Ecco: dovresti buttarti in quel momento esatto. Perché dopo anche solo mezz’ora è piena di foglioline, sabbiolina, insetti morti. Insomma, na schifezza!
Quindi niente piscina.

Le giornate scorrono tranquille tra qualche commissione, la spesa, il mare, la zumba.
I panni si lavano in lavanderia. E la lavanderia è un posto pieno di lavatrici ed asciugatrici.
Non sono self service ma ci sono le “lavandaie”. Ti porti il tuo detersivo preferito, il tuo ammorbidente e dopo un po’ di tempo torni e te le rendono asciutte e piegate.
Le piccole cose le lavi in casa. E alcune le stendi sull’ombrellino con le mollette tipo campeggio.
Le altre, quelle più grandi tipo i pareo per esempio, li strizzi e li appoggi sulla ringhiera.
Qualche minuto dopo li giri e dopo qualche altro minuto sono asciutti. Che meraviglia!

Qui mi invento cose da mangiare utilizzando le cose locali. L’altra sera per esempio ho lessato un petto di pollo e me lo sono mangiato con il mango e delle specie di peanuts tostate. Un filo d’olio. Una goduria!
I dolci, invece, sono piuttosto disgustosi. Troppo dolci, troppo grassi. Troppo tutto.
Invece l’amaranto è il cereale più diffuso. Se penso a quanto costa a Milano e a quanto sono impazzita ogni volta che il mio medico trentino me lo ha consigliato come alimento pieno di vitamine e nutrienti che non sono in molti altri alimenti.
E’ un cereale dei Maya, come la quinoa. Ma qui la quinoa non c’è.

Ormai mi sono abituata al rituale dell’acqua.
Abbiamo fatto degli accordi con la galu per cui io faccio i piatti. Cucino qualcosa ma se si devono fare cose messicane occorre che le faccia lei.

Mi muovo in autunomia. In un raggio abbastanza ristretto, ma in quello mi muovo senza problemi.
Qui sono tutti molto accoglienti, ti salutano per strada e sono cortesi.
I pedoni hanno la precedenza su tutti. L’ho scoperto creando delle specie di ingorghi perché io aspettavo passassero le auto e loro aspettavano che passassi io.
Ora lo so.
Le strade sono tutte a senso unico.
Tranne i grandi boulevard, che però hanno un divisorio grande con palme e cactus, sia cardones che a palla.
Quindi non è difficile la direzione è una sola, basta intendersi ad occhiate con gli automobilisti.

L’altro ieri sono andata per bancarelle. Un caldo che bruciava. 43 gradi.
Sono andata alla quadra (l’isolato, un po’ più piccolo) degli artigiani dove ci sono bancarelle e bancarelle.
Una specie di labirinto: vedi le bancarelle di fronte e non ti rendi conto che dietro a quelle che vedi ce ne sono corridoi interi. Almeno quattro altre file. Se non di più.
Ci fa caldo, i tetti sono di paglia e l’aria manca.
Però sono talmente caratteristiche che ne vale la pena.
Quello che la mia “amica” non mi ha detto è quel che mi sarebbe successo una volta arrivata lì.

Non sono mai stata nei paesi egiziani né in quelli dell’est. Insomma non sono stata che in Europa.
Quindi per me è stato una specie di shock trovarmi in quel bailamme di persone che mi chiamavano e mi tiravano da tutte le parti.
Avrei voluto fare foto, sarebbero state belle, ma non ho avuto modo di sollevare la fotocamera (ed è piccola piccola eh?) per tanto che mi tiravano di qui e di là.
Con grazia, per carità, però tutti che mi mostravano qualcosa, chi mi parlava in messicano, chi in inglese ( più spanglish a dirla tutta) ma tutti avevano qualcosa da mostrare, qualche prezzo da esporre.
Credo che sia qualcosa di molto simile ad un suk. A quello che io immagino essere un suk.

Insomma uno slalom continuo senza aver modo di godermi davvero le cose che vedevo.
Quando sono con la galullo e capiscono che lei è “local” non ci importunano per nulla.
Da sola è stato diverso.
Il culmine di tutto questo è stato quando un tipo assolutamente inquietante, glabro in viso senza peli, ciglia né sopracciglia, bianco come il latte che in sé non sarebbe neppure sta gran cosa. Ma qui son tutti talmente pelosi, neri, le attaccature dei capelli a metà fronte (i messicani, e diciamolo checcazzo, son proprio cessi) i baffoni. Che il divario con questo essere tutto bianco è stato un po’ spiazzante.
Ma il peggio è che aveva addosso due iguana.
Uno piccolo (piccolo: na pantegana) tutto verde. Orribile.
E uno decisamente più grande che si mimetizzava con il colore beige della camicia del tipo che era grande come un gatto ciccione o un cane di media taglia. Lo teneva in braccio con due mani.

Erano in mezzo al marciapiede, i due iguana e l’iguanO, e mi sbarravano il passaggio.
Io ho cercato di scansarli ma l’iguanO mi si metteva davanti cercando di mettermi addosso, in braccio, l’iguana grande.
Io gli ho detto in inglese che avevo paura e lui si è messo a ridere con una faccia da serpente che mi ha spaventato forse più dell’iguana.
No senorita! Facciamo una foto. Macheccazzodifoto! Al mio infarto la fai la foto.
No gracias, dico graziosamente.
Ma lui non sente ragioni e allunga le braccia con l’iguana ciccione (iguana è maschio o femmina bah!) cercando di mettermelo addosso.

A quel punto perdo la grazia e anche la leziosità e gli strillo che ho paura, e che pliiiiiiiiiis mi faccia passare.
Intanto tutti i bancarellisti lì intorno si scassavano dal ridere.
Mi son sentita stizzita e stupida.
Non ho potuto far altro che girar le spalle e andarmene a passo veloce.
Lasciandomi alle spalle una marea di  risatine di scherno.
Ma vaffanculo tu e l’iguana.

Ho fatto delle foto dei paesaggi popolari. Delle case normali, dei cactus, delle stradine non turistiche.

Qui non ci sono insegne. Scrivono tutto sui muri. Bene eh?
Sembrano lettere fatte con il normografo, se non fosse che sarebbe complicato maneggiare un normografo gigante e per giunta sui muri.

Tutto è scritto sui muri. Le insegne, la pubblicità persino le campagne elettorali. Che fa sorridere.
E resta tutto pulito, qualche tag si vede anche qui, ma si capisce che è sporadico e non metodico. Non come a milano che imbianchi un pezzo di muro e dopo mezza giornata e già tutto pasticciato.
Qui le scritte sono allegre,  colorate e nello stesso tempo sobrie.
Ne ho fotografate alcune.

Quel che mi fa ridere è che il divieto di sosta si capisce dalla colorazione del bordo del marciapiede.
Se è rosso non si può parcheggiare, se non è di nessun colore si può estacionar.
Ma come si fa a vedere un bordino rosso sul bordo del marciapiede?

Beh se non lo vedi ti rimuovono l’auto quindi è meglio aguzzare la vista!

Ho deciso di prolungare il mio viaggio a Tijuana sino a Las Vegas.

Quindi avrò 24 ore da Cabo a Tijuana.
Poi attraverso a piedi il confine da Tijuana a San Diego e sono in america.
Passo una notte a San Diego e poi mi prendo un bel Greyhound che in 8 ore e meno di 35 euro mi porta a Las Vegas.
Ho sempre desiderato vederla ma per un giorno solo.
Non è certo un posto in cui si possa stare di più. O meglio, io non posso pensare di starci di più.
Quel che voglio fare è vedere quell’impossibile paesaggio di luci e follia.
E tutto intorno solo deserto.
La classica cattedrale nel deserto.
Ho visto i prezzi degli hotel è non sono folli, insomma non economici ma affrontabili.
Sono indecisa, escludendo il Bellagio che costa davvero troppo mi restano l’MGM, il Paris ma anche l’Hard Rock Hotel.
Boh ci penserò.
Ho deciso di vedere che concerti ci sono lì e se c’è qualcosa che mi interessa e posso permettermi faccio il conto a ritroso per decidere che giorno partire da qui.

I mezzi lenti mi piacciono. Ti permettono di vedere tutto, di vedere quello che c’è intorno, la vita vera.
Quasi nessuno si muove con i mezzi lenti.
A me piacciono. E mi piace che non siano troppo affollati da turisti.
Mi piace mescolarmi ai locali, dovunque siano.

Questa ideona di Las Vegas mi piace un sacco.
Totale starò in giro quasi una settimana. Dipende quanto costa l’albergo a San Diego. Ma pare che ce ne siano di ogni genere e tipo.
L’america.
Mi sembra impossibile che tutto questo stia davvero succedendo.

Non so nulla dell’america latina. L’ho sempre un po’ schifata. D’altra parte non ci si può interessare di tutto. Non si può essere informati su tutto.
Almeno a ma non riesce e non mi è riuscito.
Quindi ho lasciato da parte, tra altre cose, l’america latina.
Facendo confusione tra i vari stati e le lingue e le capitali e le monete.
Ora sto pensando di studiarne un po’ la storia.
Qui tanto c’è di magico. Si intuisce una cultura vasta ma segreta, meglio intima.

Non so praticamente nulla sui Maya e sugli Aztechi.
Ho letto la profezia di Celestino e mi è piaciuto da morire ma poi la decima illuminazione, il seguito, è uno dei pochi libri che ho piantato lì perché proprio non riuscivo a leggerlo.
Ma celestino è una creazione americana quindi altri occhi.

Ho qualche ricordo di letture di Castaneda ma si sono un po’ annebbiate con il tempo.
Lo sciamanesimo andino è qualcosa che ho rigettato in toto tanto tempo fa, ma questa è tutta un’altra storia e non ho voglia di raccontarla.

Quindi ho fatto un gran casino tra le culture e i culti. Per me era tutto un calderone.
Invece no. Ci sono enormi differenze. E ora vorrei tanto scoprirle.
Forse non mentre sono qui. Non è il caso di leggere. Insomma un po’ giusto per avere un’idea di dove sono e di dove andrò, ma poi intendo approfondire un po’.

Tra l’altro Cabo San Lucas non è vero Messico. Questo dicono i locali, pochissimi sono originari di Cabo che sino a qualche decina di anni fa non esisteva se non in una grande villaggio di pescatori.
Qui tra il mar di Cortez e l’oceano di pesce ce n’è in sovrabbondanza.
Poi hanno iniziato ad arrivare i ricconi e poi il pueblo.
Si vede che stanno ancora costruendo, spero non lo facciano troppo e lascino questo spazio e questa aria.
Ma ci sono etnie di ogni genere e tipo.

C’è un detto qui che dice che “tutto quello che succede in Cabo rimane a Cabo”.
E’ anche vero, però, che lo si dice di molti altri paesi dove l’ambiente è più permissivo e più libero.

Qui c’è la brezza dell’Oceano e la sera è sempre ventilata. Si respira.
Mi dicono che non durerà tanto. Che da qui a poco arriverà il grande caldo e anche la Ocean Breeze andrà via come le balene.

La sera, alla marina, si mangia e si beve ovunque.
Ieri sera siamo state fuori con la galu e la sua amica calafia.
Era la festa della mamma. Ed era pieno di famiglie e di palloncino con le scritte per la “mama”. Allegro, un po’ troppo rumoroso, ma allegro.
Le luci della notte, la luna così luccicante, le stelle che hanno tutta un’altra disposizione da questa parte del mondo. Tutto è così affascinante,

Mi rendo anche conto che il mio è un atteggiamento da turista, ma va bene così!

Io con i barcaroli devo avere qualcosa di avverso. Non so di cosmico!
Oggi sono andata alla spiaggia da sola.
La strada è lunga. Insomma non lunghissima ma farla con il sole cocente e senza ombra la rende più lunga, almeno la fa percepire più lunga.
Mi sono preparata, incremata con l’intenzione di arrivare, fare il bagno e tornare indietro.
Non voglio scottarmi né prendere troppo caldo.
(infatti questo pomeriggio sono andata di siesta pesante ed ho dormito 3 ore, sto dormendo tanto qui e sto dormendo bene)
Insomma vado in spiaggia.
E mi spataciuffo nell’acqua.

So che per chi viaggia regolarmente sto dicendo una ovvietà ma il colore del mare è incredibile. Anzi i colorI del mare. Perché cambia quasi ad ogni passo.
Prima c’è quasi solo la schiuma. Bianchissima.
Poi l’acqua verdina bassa con la sabbia di grana spessa che si vede perfettamente.
Qualche passo e diventa blu. E subito è profondo. Qualche passo e non tocchi più. Oltre ci sono tanti altri blu e schiuma di cavalloni.

Mi spataciuffo nell’acqua e faccio la paperella. Non è facile nuotare qui diciamo che se ti lasci andare giri in tondo come in tanti piccoli vortici.
Mi sono messa seduta nell’acqua bassa a guardare …….
Ah si! Perché ho dimenticato di dire che oggi al largo della Marina c’era la “Princess Cruise” Love Boat!
Che ridere! Era parecchio al largo, la gente scende con delle imbarcazioni piccole. Uffa.
Quindi ero nell’acqua bassa a guardare la princess cruise.
Le onde mi facevano cadere, mi graffiavano il sedere, mi giravano come una trottola.
Ero da sola quindi non potevo ridere. Insomma non più di tanto.

Mi rialzo e mi rendo conto  di avere il costume, sia sopra che sotto, pieno di sabbia.
Era successo anche alla playa de l’amor.
E quando la galu mi aveva vista fare le contorsioni in acqua per liberarmi della sabbia mi aveva detto “togli tutto no? Abbassi la mutanda alzi il reggiseno e pulisci tanto chi ti vede?”

C’era parecchia gente intorno quindi ho continuato con le contorsioni.
Questa mattina, invece, mi son guardata intorno e non c’erano moto d’acqua, barchette per l’arco, e nessun bagnante.
Quindi ho abbassato ed alzato per pulir ….

OPS! Dietro di me, dal nulla, è apparso il barcarolo (con barchetta annessa) della maria bonita 2.
Mi son tirata su tutto e sono uscita dall’acqua.

No, io e i barcaroli abbiamo qualche problema serio.
Insomma totale: gli ho mostrato figa, tette e culo e non ho risolto il problema della sabbia.
Il ritorno a casa è stato una specie di tortura.
Ora io non so come funzioni per i maschi ma per le donne che abbiano mai fatto sesso in spiaggia (e qui forse si tratta solo della mia generazione) credo sia chiarissima la sensazione di cartavetra in mezzo alle gambe e in ogni dove.

Ecco son tornata a casa con la cartavetra nelle mutande.
Una doccia benedetta e poi, finalmente, la siesta.

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