Piccolo intermezzo di colore.
La galullo ha l’abitudine di bere mentre guida. Molto film americano.
Uuuuuh! Speriamo che questo post non lo legga che associare lei e gli americani potrebbe causarle un serio turbamento. Specialmente ora che mi è sulla soglia dei cinquanta. Due giorni eh?
Insomma per ben due volte prima di affrontare un viaggio lungo verso o da Todos Santos si è fatta un beverone orribile a base di caffè in tazza enorme, al sapor di cioccolata con il latte e lo zucchero. Bleah!
Mi si è imbarbarita non poco la ragazza soprattutto nel bere qui in Messico.
Ma si sa, de gustibus …
Questo benedetto caffè, bollente quanto quello di Starbucks ma senza il “para dita” tappo con buchino e cannuccia minuscola per girare lo zucchero e berlo.
La scorsa domenica di ritorno da Todos Santos ne ha comperata una bicchierata gigantesca.
E poi pretendeva di partire in tempo reale con la macchina.
Mi sono offerta di reggerle la tazza tra un sorso e l’altro … ma insomma chi conosce la galu può immaginare la risposta.
Mi ha ricordato con grande fermezza che può farcela da sola.
Ok.
Quindi la osservo mentre, con una manovra quasi incomprensibile, si mette la tazza del caffè tra le cosce.
Pretendendo anche di guidare.
Mi dice che fa sempre così.
Al primo Tope (vi ho parlato dei vibradores vero? Il tope è un unico scalino, protuberanza, insomma una cosa in mezzo alle palle che ti costringe a rallentare solitamente a me fa arrivare le tette sotto al mento.
Una cosa gentile, delicata, ecco!
(sì c’è anche da considerare che le mie tette hanno affrontato cinquant’anni di forza di gravità e quindi ballonzolano senza difficoltà ma, davvero, questi tope così come i vibradores mettono a dura prova anche la resistenza degli organi interni talvolta)
Bene. Arriviamo al tope e, come banalmente prevedibile, la galu si rovescia il caffè bollente un po’ in ogni dove.
Ridacchio e lei se ne va in giro tutto il resto del pomeriggio con la maglia bianca e i pantaloni chiazzati di caffè, o di quello che lei ha il coraggio di chiamare caffè.
Oggi, però, è riuscita a battere sé stessa. E non era facile, in tutta onestà.
Mentre tornavamo dallo snorkeling, di cui parlerò prossimamente, leggo su un muro “Raspados” e le chiedo che diavolo siano.
Sono le granite. Banalmente. Ma fatte al momento. Ti tritano il ghiaccio e ci mettono il succo, vero, di quello che chiedi.
Ah ok! Bene.
Lei: ora cerchiamo i raspados.
Neanche a pagarli oro. Cerchiamo nelle paleterie, nelle nieverie (gelaterie) il raspados non si trova.
Le dico che non fa nulla.
Ma lei ha voglia di un raspado. E quindi dobbiamo trovarlo.
Finiamo in una zona abbastanza distante da dove abiitamo e in mezzo ai quartieri più popolari dove tante strade non sono ancora asfaltate e lo sfarzo e il luccichìo di Cabo non sono mai arrivati e mai arriveranno.
Inchioda: raspados!
In un posto in una eschina deserta.
Yeah! Formica anche tu il raspado. Sì io non mangio e non bevo roba ghiacciata. Figuriamoci il ghiaccio. Ma lo voglio assaggiare.
Tamarindo. Si dai il frutto vero!
Allora qui è tutto enorme. Non è geneticamente modificato come in america ma spesso le cose sono enormi, tipo il caffè e i raspados.
Un bicchiere forse più grande di una birra media pieno zeppo di ghiaccio e succo e polpa di tamarindo, cannuccia e cucchiaino.
La galullo ci mette sopra la polvere di chile … sì avete letto bene. Ha messo nella granita al tamarindo del peperoncino triturato… insomma ci mette il chile, saluta e va verso la macchina.
Non vorrà andare a casa con mangiando la granita vero?
….
Sì.
In questo modo
Ghiaccio puro in mezzo alle gambe. E mentre guida fa pure cicchi cicchi con il cucchiaino per rompere il ghiaccio e mescolarlo al peperoncino e al tamarindo.
Mi schianto a ridere pensando anche all’assonanza tra raspados e rasponi (non so se questo termine sia conosciuto al di fuori di milano e di un ceto medio basso), il bicchiere in mezzo alle gambe.
Insomma ridevo talmente che ho avuto persino il permesso di fotografarla.
Il raspado è buono ma non sono riuscita a mangiarne/berne che un pochino. Il resto è nel freezer per il prossimo attacco di voglia di raspado della galu. E senza bisogno di rinfrescarsi la zona della “sala giochi”
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