mercoledì 1 giugno 2011

Intermezzo in tempo reale


Oggi.
Oggi avevo bisogno di andare al mare. Sì ho scritto bisogno.
Ci sono novità nell’aria, ci sono novità un po’ ovunque.
Non le vedo ma le sento, le percepisco, le annuso.
Oggi  sono uscita di casa con una borsa piccolissima, non la solita lumaca con la casa in spalla, un pareo, l’acqua, qualche soldo e il cellulare messicano.
Un vestitito sbracciato che ho trovato qui. Arancio. Il mio cappello da texana e via. Fuori.
Chissene importa se sono cicciona, non ho le forme adatte? Chi non vuole guardarmi si gira dall’altra parte.

Qui ho trovato una libertà che spero di saper replicare anche a milano o dovunque il vento mi porti da ora in poi.
La libertà di uscire con i pantaloncini e non avere il minimo imbarazzo. Di uscire conciata come una pazza (stile Jane Fonda anni 80 ma larga il doppio) per andare alla zumba.
E fare la zumba, serenamente. Quel che non riesce non riesce. Mica è uno show.
Si suppone che io mi diverta. E mi sto divertendo.

Alla spiaggia sono entrata subito in acqua. La strada non è cortissima ed è sotto il sole. Impietosamente.
Qui non si riesce a nuotare. Mi correggo io non riesco a nuotare perché l’acqua ti porta dove vuole lei, ti gira, ti porta avanti o indietro e seconda della foggia dell’onda. Anche quando son basse.
L’acqua è subito alta e ti trovi nel bel mezzo di questa giostra di onde.
Quindi faccio la paperella nell’acqua.
Mi guardo intorno, guardo gli uccelli (quelli che volano, smettila!) e ascolto i rumori del mare.
Perché, per il resto, qui è tutto silenzio.
La spiaggia è libera. E non c’è praticamente nessuno. Sono da sola.
Chi è in albergo ha la spiaggia attrezzata.
Qui è stagione bassa e non c’è nessuno alla spiaggia libera.
E’ bello perché nessuno ti rompe le scatole o le orecchie.
Puoi stare ad ascoltare il mondo senza doverne subire gli abitanti.

Questa mattina mi sono sdraiata sul minuscolo pareo e in parte in mezzo alla sabbia di qui che non è sottile, non è fine.
Mi sono sdraiata tra la stoffa e la sabbia ed ho ascoltato il calore del sole accarezzarmi la pelle.
E non mi dava noia. Non mi faceva caldo o appiccico o fastidio.
Neppure la sabbia, che qui ti si insinua in ogni dove, mi dava noia.
Ho chiuso gli occhi mentre con le mani giocavo con la sabbia, facendomela passare tra le dita.
Ho ascoltato il mare e i versi dei gabbiani e dei pellicani.
Sorpresa dal mio benessere me lo sono goduta sino all’ultima goccia.
Poi mi son girata a pancia in giù ed ho giocato con la sabbia trovando conchiglie minuscole di ogni  genere e osservando come la maggior parte di quei granelli fosse lucente. Brillante sotto la luce del sole.

Una sorpresa, un’altra.
Ho fatto pace con il sole.




Del Messico, non di Milano! Quindi borbotterò per il caldo e mi lamenterò che voglio camminare all’ombra. Come sempre. No, giusto per non generare false speranze!

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