mercoledì 1 giugno 2011

Ed ecco Las Vegas!

Data reale tra il 25 e il 26 maggio

Las Vegas è un enorme parco giochi.
Peccato che sia infettata dal “gioco”.
Ho visto tante persone davvero miserabili. Attaccate a quel tavolo, a quella slot.
Capisco l’eccitazione di chi vince.
Capisco, che parola grande.
Intuisco. Intuisco la forza di una vincita.
Ma la disperazione della perdita?
Io non ho vinto nulla.
Ho perso tutto in dieci minuti dieci.
Non vedo, non sento il brivido. Il crederci sapendo che, comunque at the end of the day, il banco vince sempre.
Il banco vince su tutto.

L’Hard Rock Hotel è stato una delusione.
Bello, bellissimo ma algido e impersonale.
Questa la prima sensazione a pancia. Confortata poi dalla vista degli altri Hotel e Casinò.
Se dovete andare a Las Vegas andate al Bellagio, se potete permettervelo.
Oppure la pensione mariuccia va bene lo stesso. Tanto poi si gioca, si passeggia e si passa tutto il tempo sia di giorno che di notte sulla Strip.
Essere sulla Strip fa la differenza. C’è poco da fare. Tre isolati per Las Vegas sono una enormità.

Ma facciamo dall’inizio.
Reception fredda. Si capisce che è giornata “cafona” che i prezzi sono cheap e la gente di più.
E lo dico ben sapendo di cosa parlo, anche io son qui per via dei prezzi stracciati.
Sono arrivata davvero provata dal caldo del viaggio attraverso il deserto, nel caldo più caldo dell’universo.
La stanza è enorme. Troppo. E che ci devo fare un’orgia?
Fredda.
Sia nel senso dell’ambiente bianco e acciaio minimal con occasionali grigio e nero sia per la temperatura polare. Oh! Polare davvero,  per dirlo io ….
Un letto a 3 piazza, due televisori tipo, non so cinquanta pollici?
Un bagno grande come casa mia.
Però mancano quelle piccole cose che in europa trovi sempre: le ciabattine di cortesia, l’accappatoio.
Sono tutti molto … come dire … disinteressati. Distratti.
Tranne gli umili. I facchini, quelli che puliscono, quelli del servizio in camera.
Gli altri, in una parola? Cagoni!
La stanza è bella e il letto comodissimo anche se davvero esagerato.
Scoprirò, poi, che sopra ad un supermaterasso sono stati impilati 4 piumini danesi e le lenzuola.
Quattro cuscini di piume imbottiti come panzerotti ed un piumone d’oca danese per dormire.

Allora: facciamo a capirci.
Cioè: io vengo nel deserto. Nel D.E.S.E.R.T.O. dove fa un caldo porco anche di notte e tu mi metti una temperatura polare in camera per farmi dormire in mezzo alle piume?
Ma sei scemo?

La vasca da bagno mi sta lunga. Tu dirai: beh sei talmente corta!
Sdraiata tutta, testa inclusa, mi va lunga. E ambambarabòl! Mi va larga!
La doccia è una stanza praticamente.
Il calore, quello manca.
Sul piano c’è una stanza con la macchina del ghiaccio.

Io non metto il ghiaccio da nessuna parte e, foss’anche, nel ghiaccio trovano sempre morti o pezzi di morti o, come minimo, sangue di morti. Immagino CSI e cerco di dimenticare la stanza del ghiaccio…

Mi preparo per uscire con il mio bel vestitino da sera, la borsettina abbinata e un decoro nei capelli.
Mi trucco ed esco.
No, ‘petta. Mi trucco mi faccio una foto ed esco. E’ importante! E’ una grande novità.

Già trovare l’uscita è un’impresa epica, ma una cazzo di mappa di questo “coso” non c’è? Pare di no.
(nda la scoprirò al desk dove si ritirano le valigie 2 minuti prima di partire … ma vaffanculova! – delicatissimo!)

Trovo l’uscita e … ci sono i valletti all’ingresso.
Che, di mestiere, dirigono il traffico dei taxi.
E delle limousine.
Ci sono un numero impressionante di limousine.
Alcune davvero orrende. Ma la HummerLimo rosa shocking metallizzata le ha superate tutte. Ha vinto.

Nonostante io abbia lo spirito di una nobile decaduta, ma non scaduta, e mi piacciano le cose raffinate e sappia comportarmi a modo con il lusso eccessivo sono sempre un po’ imbarazzata, intimidita. Soprattutto se sono sola.

Il valletto che mi chiama il taxi e mi apre la portiera e dice al tassista dove mi deve portare mi fa arrossire.
I taxi a Las Vegas costano poco e ce ne sono sempre tantissimi dovunque.
Mi faccio portare all’Hard Rock Cafè sulla Strip per la tshirt del figlio. (per la cronaca la terza che gli compero in questo viaggio).
Il negozio è enorme, ma qui tutto lo è.
Di fronte all’Hard Rock c’è il New York New York e più a sinistra un castello fatto con I colori del lego, forti.
Chiedo ad un offiSer dov’è il Bellagio.
Dall’altra parte della Strip.
Ma nooooooooo!
Cioè sono praticamente al lato opposto del Boulevard Las Vegas. Che culo!
Mi incammino. C’è vento forte e rischio di perdere più volte l’acconciatura. Sinchè il vento vince la scaramuccia e decido di toglierla.

Il cibo sarà la cosa più strana qui e, più in generale, in questo viaggio.
Andando verso il Bellagio mi rendo conto che le cucine qui chiudono alle 22. Tranne nei fast food ma, onestamente, anche no grazie.
Ricapitolando avevo fatto colazione con la coca cola.
A pranzo un Mc Chicken piccolo e a questo punto ….. faameee!
No, davvero non di Mc Donalds e simili.
Mi infilo in un chino-mexicano o.O e mangio una roba col pollo piccola ma buona.
Vabbè l’importante qui è bere.

Arrivo al Bellagio che è bello da togliere il fiato. (bisogna entrare nell’ordine di idee di cosa “bello” significhi nel Kitsch di Vegas)
Cerco di capire come si gioca.
Dove si prendano le fiches (che qui si chiamano chips) e le regole del giochi.
Io grande gambler! Si si proprio!

Finirò miseramente le mie puntate a richiesta in meno di 10 minuti.
Qui i croupier, tanti sono donne, non fanno quella cerimonia che avevo visto a Venezia e che, solitamente, si vede anche nei film.
Minchia dai! Se non dici “Rien ne vas plus, les jeux sont fait” non vale. Suuuuuuu!
No. Niente.

Sgrunt!

La croupier essa sgrida un po’ tutti.
Mi guarda torva “R U in M’am?”
Sì. Allora ti devi sedere (pirla non l’ha detto ma era implicito)
Le sedie sono poltrone alte imbottite, tipo da bar.
Uhm devo arrampicarmici.
Con la gonna.
Cerco la faccia più non chalant che riesco a trovare e me la metto su quindi cerco di arrivare alla seduta ed appollaiar mici.
Ecco: mi sento un pappagallo sul trespolo.

Lei mi passa una “roba non meglio identificata” di plastica e sbarro gli occhi. Non ho capito.
“Per la borsa! Non puoi tenerla sul tavolo e neppure in braccio, appendila al gancio!”
Intanto sgrida uno che ha il cellulare in mano.
Rimbrottando un altro che non può mettere le mani in tasca.
Ma tipo mi colasse il naso che faccio?
Lascio, molto leziosamente e con grande eleganza, scivolare il moccio perché non posso prendere un fazzoletto dalla tasca o dalla borsa? Really?

Metto una fiches, pardòn chips su uno dei numeri che devo giocare e la croupier essa mi apostrofa “Sweety?” la puntata minima è 10 dollari. Urca!
Però mi informa che posso giocare 2 chips da 5 dollari. Fiiiuuuuuuu.

Mi aspetto di sentire “Faites votre jeu mesdames et messieurs” e di vedere la mano della croupier essa afferrare il piccolo timone al centro della roulette, lanciare il pallino e farla  girare.
Niente di tutto questo.
La gente posa a caso chips sui numeri lei senza dir niente schiaccia un pulsante e la pallina parte e gira nella roulette che è chiusa dentro una specie di teca di plexiglass.
Che schifo, che delusione!
Non vale così:  eccheDDiamine non dice nemmeno se il numero uscito è nero o rosso, pari o dispari, droite o gauche, non in francese che sarebbe quello universale ma in alcuna altra lingua.
Dice il numero e ci mette sopra un piripicchio di metallo e orrooooooooooooooreeeeeeeeee rastrella le fiches, ooooooops sorry I did it again, le chips con le mani. Con le mani, capisci?
Ma dov’è tutta la poesia del rastrellino che ritira, del rastrellino che accompagna le pile di chips vinte ai vincenti?
Così è brutto. Così è come una slot. Dov’è il rito, la cerimonialità di questo gioco?
Capisco che loro lo facciano di mestiere e che ogni attimo debbano rendere edotti delle regole un sacco di pirla come me che arrivano  qui e non sanno neppure sino a che numero arrivano i numeri della roulette ma … santo cielo!
Sacrificarci proprio tutto no. Questo non me lo aspettavo.

Sono un po’ delusa ed anche un po’ abbattuta. Forse sono anche stanca.
Vado ad una slot e ci lascio 5 dollari.
Vedo che c’è un tasto con la cloche sbarrata e mi guardo intorno.
Nessuno usa la cloche. Probabilmente gli si rinforzerebbe il bicipite rendendo le braccia diseguali. O sprecherebbero tempo prezioso per giocare (perdere?).
Quindi premono solo il tasto della giocata. A ripetizione.
Fa tristezza. Un sacco di tristezza.
Io mi sono tirata la mia bella cloche, ho perso tutto inframmezzandolo con qualche vincita sciocca che mi ha permesso di giocare un pochino di più. Ma finisce tutto molto velocemente.

Decido di andarmene. Esco e la fontana ha appena finito lo show.
Merda!
Ma no non resto per un’altra mezz’ora.
Prendo un taxi dal valletto del Bellagio e torno all’Hard Rock.
Un mortorio avvilente tra i pochi, pochissimi giocatori.  Sono tutti sullo Strip.

Mi stanno tutti antipatici. Quei quattro uomini decenti sono gay (ormai sto praticamente “diventano” Joan Kusack di In & Out)

Basta vado in camera mia.
Sono quasi triste, sicuramente malinconica.
Questo non parlare con nessuno non è facile. Per niente.
Forse devo solo dormire.
Il letto è davvero comodo. Metto un telefilm e crollo addormentata tra tutti i cuscini panzerotti i piumini impilati e quel bianco.

Ho dormito bene.
Il check out è alle 11.
E’ prestissimo ma ho dormito abbastanza. Organizzo borse e valigie perché il mio bus è a mezzanotte ed ho esigenze diverse per la giornata e poi per il viaggio.

Pezzenti: la colazione non è inclusa.
Allora sai che c’è? Mi prendo questo lusso, fanculo!
Room Service? Pancakes, porridge e caffè.

Bussano alla porta è il ragazzo carino e sorridente.
Wow la colazione sul carrello. Come nei film! (eccheppalle con sto come nei film!)
I pancakes coperti con la campana d’acciaio.
Tutto apparecchiato.
Il porridge chiuso nella ciotola di ceramica con il suo coperchio. Uvette e altro a parte.
Il ragazzo mi chiede se desidero che mi prenda del ghiaccio.
Ohi! Son fissati qui con il gelo eh?
Grazie, no.

Metto in tv il canale Hard Rock “Classic”.
Buffo come le canzoni che si susseguono siano pietre miliari della mia strada di adolescente e qualcosa in più.
C’è il sole è una bella giornata.
Tutto questo mi mette allegria. Oggi voglio vedere tutto!
Inizio dal miglio magico al Planet Hollywood.

Qui è tutto inequivocabilmente finto.
Ma è come Gardaland, Disneyland ed è per le persone come me.
Che amano sognare e che sì sono Kitsch e facili da incantare come i bambini.
Ma non è proprio il sogno che mantiene vivo il regno di Fantàsia di Ende?

Non so come siano le foto ma son più quelle che non son riuscita a fare di quelle che ho fatto.
La mia macchina “guarda-punta-scatta”. Forse, anzi sicuramente, si può settare in maniere diverse ma io la uso in modalità g.p.s.
Di notte non vengono mai.
Non ho la mano ferma e non capisco niente di apertura, otturazione esposizione.
Fermo uno sguardo.
Catturo un istante.
Se mi riesce bene. Senno pace.
Dei viaggi in pulmann non c’è quasi nulla.
Quei momenti li ho catturati con gli occhi e l’anima.
E forse anche qualcosa di più.
Il miglio del Planet Hollywood diventa all’improvviso un panorama arabo come in Aladdin.
E in una delle rotonde c’è un laghetto nel quale, ogni mezz’ora, va in scena un temporale con tanto di tuoni e fulmini.
E ci sono i tonni come me che, ovviamente, stanno lì ad aspettarlo.
Queste promenade fanno un giro in tondo. Quindi se le percorri per intero esci da dove sei entrata.

Cercavo il Venetian che, naturalmente, è l’ultimissimo di questo lato.
A Las Vegas il sole di mezzogiorno picchia serio. Davvero.
Dopo un paio d’ore ho già le vesciche e i piedi come due palloni, soprattutto il mio “piede d’achille”.
Cercando il Venetian mi sono imbattuta nel Paris. Ed ho visto arriBBBellissimi particolari che mi erano sfuggiti.
Il Paris ha tutto quel che conta a parigi, compresso in uno spazio limitato.
La tour Eiffel, una mongolfiera, l’Opera, il Petit Palais, l’Arco di Trionfo. Tutto ammucchiato.
Dentro creperie e atmosfera adeguata.

Il Flamingo fa tenerezza per quanto è vintage.

Arrivo stravolta al Venetian e scoppio a ridere.
Tutto insieme c’è la facciata del palazzo Ducale, la torre di Piazza San Marco, la statua del Leone, quella di San Marco, il ponte dei Sospiri, il ponte sul Canal Grande che adesso non mi ricordo come si chiama e il Canal Grande stesso. (piccolo però) Con tanto di gondoliere che canta le canzoni napoletane mentre portano a spasso le persone in una specie di piscina per bambini che dovrebbe rappresentare i canali veneziani.
Il miglio è tutte bifore e acqua e gondole.
Il cielo dipinto (tutto dipinto con una impeccabile tecnica trompe l’oeil, non solo qui, ovunque) ha i colori dell’imbrunire.
Del resto è il momento della giornata che io preferisco. E credo nell’immaginario collettivo sia l’ora romantica e del relax del “buon tempo”.

Dal Venetian passo all’altro lato della strada facendo scale su scale.
Lo Strip si attraversa prevalentemente su grandi ponti di vetro e acciaio con tante, tantissime scale. I piedi ringraziano.
Il “Caesar Palace”.
Roma antica, Fontana di Trevi (che non c’era nella roma antica ma vabbeh!) e tante delle fontane del Bernini o qualcosa che ci somiglia molto.
Un’enorme Giove campeggia al centro della fontana della piazza più grande del miglio.
Un lusso che è davvero troppo.
Se altrove è troppo qui disturba. È esagerato, fuori luogo, ridondante.
Negozio monomarca Tiffany (mi stupisco ma scoprirò che ce ne sono almeno altri 5, o meglio io ne ho visto 5).
Pandora, Prada, Vuitton, Armani, Gucci.
Jimmy Choo e Laboutin: è la prima volta che vedo i loro negozi. In europa non ci sono. Non monomarca.
Cartier, Rolex, insomma la moda inaccessibile.
Dentro al Caesar Palace ci sono lo shop e il ristorante del Planet Hollywood (che invece al Planet Hollywood hotel & Casinò non ci sono) e decido di mangiare  lì.
Ci sono memorabilia di moltissimi film. Del resto Hollywood non è così lontana e l’ambientazione è il cinema!
Mi hanno dato il tavolo della scena in cui Mercoledi (Cristina Ricci) si confonde con il muro mimetizzandosi.
E’ molto carino. Molto.
Mangio un club sandwich e vado.

Fuori dal Caesar ci scappa pure il nastro giallo della polizia, la polizia e il divieto di passare per la strada solita. Questo ci costringe a fare un giro più lungo e i miei piedi ad una sofferenza supplementare.
Abbiamo scoperto dopo che si trattava di una borsa dimenticata. Incustodita. No comment.

Il Mirage. Cascate esterne molto suggestive e realistiche.
Ogni ora lo spettacolo del Vulcano che erutta lapilli e lava. Nelle cascate …. Boh.
Ma sono le 16:10, il caldo è impietoso e devo vedere altre cose quindi tiro dritto per il Bellagio.

Il Bellagio è un po’ diverso da tutti gli altri.
I decori sono tutti ombrelli colorati capovolti e mongolfiere. Così, senza un motivo che mi appaia logico.
Percorro il corridoio di collegamento tra il Mirage e il Bellagio ed inciampo nel Bar della Fontana che sta aprendo proprio in quel momento.
Sììì!
Ho bisogno di bere qualcosa e di sedermi, almeno per un po’.
Di fronte al Bellagio c’è un grande lago di Como. Grande davvero calcolando che dovrebbe essere una miniatura.
Mi siedo fuori, sulla terrazza che si affaccia sul lago.
Prendo un mojito meraviglioso e mi guado intorno.

La ricostruzione è davvero accurata persino negli alberi,nei fiori.
Notevole.
Le cinque e mezza: inizia lo spettacolo della fontana con una canzone che non conosco.
La coreografia con l’acqua è stupefacente.
Non penso a nulla.
Solo a come mi sento bene e come sia bello che io sia davvero qui.
Quanto questo sia incredibile e che dono sia.
Alle sei parte uno show differente con “Viva Las Vegas” di Elvis.
Scoprirò poi che non ci sono due show uguali nella giornata.
Alle sei e mezza quando ormai mi accingo ad andare a finire il mio giro inizia la più bella di tutte.
“All that jazz” da Chicago.
Esco felice.
Fotografo alter mille volte ombrelli e mongolfiere e il parco giochi nella piccola piazza.
I soffitti del Bellagio sono veri. Sono vetrate a quadrotti dalle quali si vede il cielo e gli altri palazzi.
La luce naturale illumina tutto e l’effetto è incantevole.
Al centro della piazza una voliera con i pappagalli e finti palloncini fatti di vetro soffiato. Ci sono persino dei palloncini “finti persi” a mezz’aria.
Come scappati dalle mani dei bimbi. Come sempre accade.
Un Merry go round che gira con tanto di musica e lucine.

Nella Hall vasi alti quanto me pieni zeppi di rose baccarat con almeno un metro di gambo.
Al soffitto specie di ombrelli questa volta di cristallo, baccarat appunto, colorato.
La hall si chiama …. Baccarat!
Esco dalla grande porta girevole e mi dirigo sulla promenade che costeggia il lago e porta di nuovo sul boulevard.
C’è un sacco di gente.
Ehi! Sono le sette.
Dai che riesco a vedere un altro show della fontana.
Canzone patriottica sull’orgoglio di essere americani, liberi ed eroici.

Inizia a rosseggiare e lo spettacolo ora ha anche giochi di luce oltre che d’acqua.
Sarebbe bello vederla anche di notte ma non mi sarà possibile.
Così mi son comprata il DVD con Las Vegas di notte e gli spettacoli della fontana. Tiè!

Cosmopolitan. Molto hi-tech con un enorme chandelier di cristallo che attraversa il cuore di due piani dell’edificio.

Oltrepasso l’Aria e un paio di altri alberghi con i piedi che ormai assomigliano alle mongolfiere del bellagio.
I piedi non mi hanno permesso di memorizzare il nome degli hotel. Avevano tutta la mia attenzione ed evidentemente gli hotel erano dimenticabilissimi!
Arriva il New York New York e vedo tutto quello che ieri sera tra la stanchezza e quella specie di tristezza non avevo visto.
C’è tutto.
Il ponte di broccolino, l’Empire, il Crysler.
Chissà se ci sono state le twin towers?
Arrivo all’angolo e mi trovo di fronte ad una gigantesca, ma gigantesca statua della libertà.
Sono impressionata dalla grandezza ma questo solo perché non avevo ancora volto lo sguardo dall’altro lato della strada.

Un leone tutto d’oro alto, boh, tre piani? Enorme,  con fontane, zampilli e chipiùnehapiùnemetta.
Ma certo! E’ lMGM.
L’ultimo nato e il più grande di tutti.
Ahimè era già buio.
Bellissimo a vedersi e impossibile, per me, da fotografare.
Sono stravolta devo scegliere tra il New York e l’MGM. Ho forze residue per uno solo e il mio voto è sicuramente per l’MGM.
E’ … non esiste un’altra parola ragazzi. E’ hollywoodiano.
Sta per iniziare lo spettacolo di David Copperfield (ancora vivo?).
Mi guardo intorno ci sarebbe tantissimo da vedere ma mi arrendo. Basta.

Vado da un valletto dell’MGM e mi faccio portare all’Hard Rock a recuperare valigia e zaino.
Non ho scritto sino ad ora, sin dal messico nulla sui miei acquisti perché la maggior parte sono regali e non voglio bruciare sorprese.

Poi l’ultimo valletto e il taxi per la stazione dei bus.
La stazione di Las Vegas è un misto di miseria e desolazione.
Credo che la notte sia il momento peggiore.
Persone malconce, stracciate, consumate.
Tutti da soli.
E qualche coppietta di ragazzi giovani. Per lo più dell’est. Non saprei dire ma sembrano coreani.
Nelle stazioni dei bus c’è sempre una grande TV.
Guardo due episodi di CSI NY che ho già visto.

E arriva l’ora di partire.
Ecco qui, controllano prima di salire.
Apri la borsa, apri lo zaino, metal detector. Ok a posto.

Salgo al POLO nord!
Metto le calze, la felpa e prendo la copertina di pile che la Galullo si è ciulata a una linea aerea che non ricordo.
La mascherina e l’aipod con la playlist di Yiruma.
Non ricordo molto altro. Sono crollata a dormire.

Alle 5 a Los Angeles.
E’ ancora buio.
La stazione è grande e c’è un drugstore dove stanno cucinando.
Ho fame. No ho una terribile fame.
Due pancakes fumanti e un beverone di caffè.
Meglio, molto molto molto melgio.
Il tratto LA San Diego lo faccio sveglia, è troppo bello!
La scritta Hollywood non l’ho mica vista.
Ma ho visto il sole sorgere sulla città degli angeli.
E mi sale la lacrimuccia.

A San Diego mi trascino al santo e benedetto Motel 6 che non solo è vicinissimo ma mi lascia anche fare il check in alle 8:30 visto che hanno camere disponibile.
E santa subito! La macchina del ghiaccio.
Si perché al motel six c’è un solo mini sapone. Non c’è armadio ma grucce dietro alla televisione. Non c’è il phon.
Ma a piano terra ci sono le lavatrici a gettone, le asciugatrici, i distributori di bevande fredde e snacks, orribili snacks.
E la ICE machine.
Ne prendo un bel sacchettone e certo di riportare il mio “piede di achille” a dimensioni umane.
Giacchè pare un dirigibile.
Un po’ mi preoccupa.
Forse ho esagerato, si ma cheppalle!
Insomma un po’ di ghiaccio, qualche pediluvio freddo nella vasca da bagno che ospita la doccia.
Oggi  ci devo andare un po’ calma.
Si sono anche aperte le vesciche.
Olè. Oggi festa dei palla-piedi!

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