lunedì 20 giugno 2011

Arte en fotografia


Serata di gala.
Mostra fotografica a San Josè del Cabo: “Arte en fotografia”
Calafia, una delle amiche della Galu, espone due foto.
Ci mettiamo in ghingheri. La galu sfoggia una delle mie collane e anche Calafia ne indossa una che le ho appena fatto.
Qui le feste, le serate sono tutte suggestive. Il posto aiuta. All’aperto, le palme, il paesaggio tutto intorno, il vento.
Ma hanno anche un gusto per decorare tutto con grazia e delicatezza.
Ci sono sempre candele sparse in ogni dove, fiori, gusto.
C’è sempre musica dal vivo. E questo è meraviglioso. Soprattutto per me.
In questo albergo, piccino, di San Josè c’erano dei piccoli vasi con l’acqua e sassi di vetro con delle luci dentro ed un fiore singolo dentro ciascuno.
Ho cercato tutta la sera di capire da dove provenisse la piccola luce dentro all’acqua ma non ce l’ho fatta.


Candele galleggianti in piccoli abbeveratoi di pietra, di quelli per gli uccellini.
La mostra di foto stampate su canvas pesante, allestite nei corridoi dell’albergo, illuminate a dovere.
Intorno i colori che ormai ho imparato ad amare. Quelli forti del messico. Quel verde, il viola un rosa che non si riesce a descrivere forte, quasi fucsia ma no. Il blu intensissimo quasi elettrico.

Il vento che muove le palme alte. Sangria a volontà e finger food. A parte che qui praticamente tutto si mangia con le mani …
Vino tinto, così chiamano qui il vino rosso, che continua a passare portato da camerieri con la schiena drittissima e gentili in modo quasi esagerato.
C’è un’idea del servizio che è davvero estrema. Dappertutto in Messico.
Ma non puoi “ribellarti” perché li offenderesti, quindi a malincuore ti adegui. Perché è giusto così. Sei ospite.
La maggior parte dei partecipanti son fotografi e parlano di fotografia mentre scattano foto.
Una sorta di masturbazione collettiva, in spagnolo.
Il gruppo dal vivo faceva jazz, interrotto solo di quando in quando da qualcosa che assomigliava alla salsa e qualcuno che dal nulla si metteva a ballare. Sì qui se inizia la salsa o il merengue la gente si mette a ballare, non importa dove siano. Ed è stupendo!
Mi siedo a guardare la banda, come chiamano qui i musicisti.
Il batterista è davvero un uomo intrigante. Non saprei dargli un’età. L’ho guardato tutto il resto della sera ascoltando la musica. Gli ho fatto delle foto ed ho dichiarato che sarei stata innamorata di lui per le seguenti 15 ore.



Finito l’evento siamo andate a cena con Calafia al Wing’s Army  un locale che fa parte di una catena americana tutto incentrato su quel che è militare. Dalle divise dei camerieri con i pantaloni mimetici e le tshirt bianche della corona. Teli e reti come quelle della guerra nella giungla, tascapane, un militare con tanto di elmetto grandezza naturale con il mitra spianato in mezzo al locale. Le lampade fatte con elmetti.
Persino il bagno era verde e cachi. E fatto come quello di un mezzo militare.
Il lavandino un catino di zinco. Divertente. Anche se il tema militare e della guerra non è poi così divertente.
Banda dal vivo. Anche qui.
Simpatici. Fanno rock internazionale e rock messicano che, onestamente, fa proprio ridere.
E’ bello che qui si faccia musica dappertutto.
Perché la musica è viva, la musica è vita. Perché la musica dal vivo mette allegria, emoziona quanto un disco non potrà mai fare, neppure il più bello.
Perché le persone che suonano sorridono, qui sorridono sempre.
E perché anche le cose più semplici sono più belle con un suono vivo.
E anche la birra è più buona con della buona musica.
Infatti ne ho bevute cinque!
Calafia si chiedeva come potermi vedere borracha (‘mbriaga) e le ho detto che non è facilissimo che io mi ubriachi. Posso essere allegrotta, magari alzare i già eccessivi decibel della voce e per dire o fare cazzate o la scema non ho bisogno di essere borracha. Mi viene benissimo allo stato naturale.
Ma lei vuole vedermi borracha. Quindi abbiamo una sfida pendente. Tequila pura contro vodka liscia. Beh almeno on the rocks.
Vedremo di riuscirci prima della partenza … che si avvicina a grandi passi….

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