domenica 26 giugno 2011

Salutando il Mexico

Tante cose sono successe in questi giorni qui, dall’altra parte del mondo.
Beh in primis ci sono venuta e direi che non è davvero poco.
Ho fatto tanto ma in realtà non ho poi fatto nulla.
Ho vissuto quello che c’era da vivere, ho preso quello che il tempo, il caso e il posto hanno offerto.
Mi sono rappacificata con il sole e con il mare.
Ho conosciuto il deserto e mi ha accolta.
Ho conosciuto i rapaci e mi sono innamorata del loro volo guardandoli incantata dal primo giorno all’ultimo come se fosse ogni volta la prima occasione che avevo di vederli.
Ho imparato molto sulle donne del Messico. Sull’orgoglio di una nazione.
Mentre ero qui a casa nostra, in italia, il vento è cambiato ed un’aria nuova, più pulita circola. Si sente sin da qui.
Speriamo che duri. Ma ora dico “Perché non dovrebbe durare?”
Ho ascoltato il ruggito dell’oceano e mi ha completamente rapita.
Ho conosciuto il mondo nascosto dei pesci, una minuscola porzione, ma sufficiente a fugare il mio terrore delle profondità dell’acqua e ad innamorarmi di quella vista.
Ho nuotato con i delfini ed è un’esperienza che va proprio fatta. Perché è incredibile.
Ho parlato con il mare, con il vento, con il sole che tramonta.
Ho festeggiato il sorgere della luna piena in modi incredibili.
Ho celebrato il solstizio d’estate tra il vento e il mare.
Ho scoperto cosa vuol dire vivere con poco, di poco ed esser felici. Felici davvero.
Ho imparato che può esistere una vita piena di musica e di danza. Ma soprattutto di voglia di far musica e di voglia di ballare. Ad ogni minima occasione che si presenta.
E, soprattutto, che non occorre chissà che agio o che prospettiva o progetti e realizzazione personale per far musica e ballare ogni singolo giorno.
Ho imparato che i cactus non sono solo una cosa che punge (come avevo creduto da bambina dove son riuscita a riempirmi di spine urtando i cactus dei nonni in giardino) ma sono alberi, veri e propri. Fieri e resistenti. Forti.
Ho scoperto quante tonalità diverse possa avere il colore della terra riarsa e delle sterpaglie.
Ho vissuto l’eccitazione di un secondo di incontrare un’oasi in mezzo al nulla e vederla andar via in un battito di ciglia.
Ho perso anche qualcosa. Fardelli, cinture, manette, gabbie della mente.
Ho perso il timore di mostrare la mia pelle nuda, bianca (anche se ora un colorino ambrato ce l’ha) e tutte le mie cicce.
Ho perso il bisogno di coprirmi sino all’esasperazione in favore di uno scoprirmi per vivere l’aria sulla pelle, la frescura che l’assenza di troppi abiti regala.
Ho perso la vergogna di farmi fotografare. Non mi piace rivedermi. Continua a non piacermi e mi vedo troppo grassa, troppo tutto.
Ma, e questo è impagabile, mi vedo anche felice.
Vedo la mia faccia felice, finalmente! E ritrovo, guardandola, la felicità di quell’istante.
E allora val la pena di fermarlo. E forse con il tempo smetterà anche di essere una pena. Seppur più piccola oggi.
Ho perso il timore di essere goffa. SONO goffa. In alcune cose davvero tanto. Sono un donnone di più di cento chili, sono alta un metro e un puffo e alcune cose mi vengono male, altre non mi vengono più e tante son piene di goffaggine.
Sono goffa. Ma sono io.
Ed ho mani capaci di creare collane che tutti amano e che rendono felici le persone che le indossano.
Anche qui. Dall’altra parte del mondo sono caduti in amore con le mie collane. Qui dove l’uso e il gusto sono totalmente differenti.

Ma soprattutto ho trovato me.
Dopo tanto vagare, tanto cercare: ho trovato me.
Ho trovato il mio carpe diem.
Ho ritrovato la voglia di far progetti anche a lungo termine perché se la vita deve finire domani lo farà comunque. E morire senza un progetto è tanto peggio di morire senza averne avuto uno. Anche se incompiuto o irrealizzato.
Giusto oggi sono inciampata in una frase di Coelho

Never save the best for later. You don't know what tomorrow holds

Direi che sopperisce alla mia totale mancanza di sintesi ...
Ho ritrovato la leggerezza. Il valore del vuoto.
Ho scoperto che tutti gli oggetti di cui mi sono circondata negli anni son diventati superflui oggi. Persino noiosi. Tanto che me ne disferò.
Nel modo più dolce possibile. Perché sono stati compagni di viaggio preziosi ed hanno sopportato tutta la mia folle necessità di ammucchiarli gli uni sugli altri.
E ho ritrovato altri valori e altri sentimenti che, però, sono privati e non li condividerò con voi. Forse neppure in privato. Forse neppure a quattr’occhi.
Questa è una grande novità. Qualcosa di privato. Di solo mio. Talmente solo mio che non ha necessità di essere condiviso con alcuno.
Ho scoperto che non ho più bisogno di stampelle, di supporto, di conforto. Non in senso patologico, almeno.
Non ho più bisogno degli oggetti psicomagici, di quelli scaramantici, di quelli di scorta.
Leggerezza. Alleggerire. Anche se torno con 50 chili di valigie e un sombrero enorme sottobraccio.
Torno più adulta ma anche più bambina. In un modo in cui non la sono mai stata.
Con l’incanto negli occhi che questa natura e questi paesaggi hanno riempito.
Con la curiosità, la fame di sapere, la voglia di leggere, cercare tutto il possibile su questa parte del mondo di cui non so nulla e che è, invece, incredibilmente affascinante e ricca e colorata e sfaccettata.
Perché anche se per molto tempo ho stentato a crederci sino a smettere totalmente di crederci, tutto cambia.
Tutto può cambiare. Quello che non è successo in una vita intera può succedere in un istante.
Nel bene e nel male.
Ma voglio pensare solo al bene. Al male ci si deve pensare già troppo se e quando accade.
Tutto può cambiare anche se è difficile. Di certo succede solo se ci si crede.
Con grande forza. Ma anche con grande leggerezza e serenità.

E, citando la canzone con la quale voglio chiudere questa avventura, “e così come tutto cambia, che io cambi non è strano”.
Sono cambiata.
Sto cambiando mentre scrivo.
E continuerò a cambiare sinchè avrò fiato.



Le due Frida - Frida Kahlo


Todo Cambia 

Cambia lo superficial
cambia también lo profundo
cambia el modo de pensar
cambia todo en este mundo


Cambia el clima con los años
cambia el pastor su rebaño
y así como todo cambia
que yo cambie no es extraño


Cambia el mas fino brillante
de mano en mano su brillo
cambia el nido el pajarillo
cambia el sentir un amante


Cambia el rumbo el caminante
aunque esto le cause daño
y así como todo cambia
que yo cambie no extraño


Cambia todo cambia
Cambia todo cambia
Cambia todo cambia
Cambia todo cambia


Cambia el sol en su carrera
cuando la noche subsiste
cambia la planta y se viste
de verde en la primavera


Cambia el pelaje la fiera
Cambia el cabello el anciano
y así como todo cambia
que yo cambie no es extraño


Pero no cambia mi amor
por mas lejos que me encuentre
ni el recuerdo ni el dolor
de mi pueblo y de mi gente


Lo que cambió ayer
tendrá que cambiar mañana
así como cambio yo
en esta tierra lejana


Cambia todo cambia
Cambia todo cambia
Cambia todo cambia
Cambia todo cambia

Despedida - Sabato messicano


Qui si salutano le persona in un modo differente a seconda che arrivino o partano.
Per le partenze, qualsiasi, si fa una festa di “despedida”.
Oggi alla spiaggia c’è stata quella de las italianas.

Ho visto arrivare Conchita e Calafia praticamente con la casa appresso.
Sembrava un picnic degli anni 60 ma con una super organizzazione, velocità e gestione della sabbia da restare a bocca aperta.

C’erano le tostadas di sinaloa, una insalata di una verdura che non saprò mai cosa fosse, insalata con carne e boh piccante, cetrioli e arancia a pezzi, mango, uva, vino bianco, birra.
Con tanto di piatti, posate, brindisi alla despedida.
A parte l’occasione della nostra partenza qui il sabato Choyero (il nome degli abitanti originari del posto) alla spiaggia è così.
Con il frigo, le ceste, l’ombrellone, la tovaglia. Una meraviglia.

Oggi una giornata spettacolare. Il sole caldissimo, l’acqua di un blu incredibile fredda gelata come mai mi era capitato di trovarla in questi due mesi e il vento.
La conversazione è stata piacevole anche se in 3 lingue differenti.
Mi mancano le “cose da ragazze”. Si ride, ci si parla in un modo diverso. Non so è qualcosa che riesco a fare ma troppo raramente a  milano, troppo poco.
Oggi è stato un pomeriggio da ragazze, alla sex and the city.
Commenti sui culi dei maschi che passavano.
Raggi x a bermuda, pettorali. Commenti di ogni genere.
Noi con i calici e il vino.
Calafia con il vestitino e un cappello bianco sembrava uscita direttamente da “piccole donne”.
Avrei voluto farle una foto ma non ho fatto in tempo.
Era in riva al mare, con una mano si reggeva il cappello e con l’altra sorseggiava il vino dal calice.
Il vento le muoveva l’orlo del vestito e i capelli.
Romantica. Bella. Pulita. Un bel ricordo.
Conchita ha pianto quando mi ha salutata e mi ha dato un abbraccio di quelli belli, stretti, come piacciono a me.

Sei ore di spiaggia ed ora il mio viso è color …. Bah rosa messicano? Fucsia? Insomma troppo sole.
Una fatica incredibile per cercare di far stare tutto nella valigia che sembro una di quelle pazze dei film americani sedute su valigie piene il doppio della loro capacità.
L’ansia sarà tutta nel portar giù le valigie di entrambe, arrivare all’aeroporto, fare il check in con il terrore che pesi troppo, che il sombrero sia considerato eccedente, i controlli ….
Ma insomma una volta passato il controllo messicano il più sarà fatto.
Poi si tratterò di passare attraverso un numero infinito di altri controlli in america ma senza avere più a che fare con peso, dimensioni o altre cazzate del genere.

Aaaahhhh! Quasi dimenticavo la parte più divertente del pomeriggio.
 Il compleanno della galullo è uscito sul periodico della Baja California Sur.
E la foto più grande della mezza pagina ….. tadaaaaaaaaan … è con me e i palloncini.
Sono perfettamente allineata con l’italia e uno dei temi della maturità.
«In futuro tutti saremo famosi al mondo per almeno 15 minuti» Andy Warhol.
Questi sono i miei.



Sono pronta per uscire. Vediamo cosa mi riserverà la serata.

sabato 25 giugno 2011

Ultimi giorni

Gli ultimi giorni in Cabo.
Atmosfera strana, perché son strana io e anche perché c’è stato l’uragano Beatriz che ha fatto danni ad Acapulco e qui c’è stata un’aria orribile, umido, soffocante, grigio. Lunare e un po’ impressionante.

Ultimi giorni e ultimi desideri da realizzare.
Ho mangiato la paleta hielada di mango con chile. Buona, devo dire davvero buona …. A parte il fatto che poi le papille gustative vanno in anestesia per un paio d’ore e non hai bisogno di rossetto perché le labbra sono vermiglie per conto loro.
Siamo riuscite a trovare i churros anche se non sono come quelli spagnoli e qui li farciscono di creme varie. Mi sono tenuta su un classico cioccolato (che poi era nutella) e mi sono tolta anche sto chiodo del churro (visto che rompo da due mesi che ne voglio mangiare uno!).

Le ragazze qui si sono scatenate sul fatto che non posso tornare a milano senza aver “riaperto la sala giochi”. Ma non è quello che cercavo, non è quello che cerco.

Quello che cerco, no non è vero non lo cerco … quello che desidero, più di ogni altra cosa al mondo oggi, è un bacio. Una serie di baci, meglio.
Una mia amica mi ha mandato la foto di due amici suoi che si danno un bacio che meriterebbe di essere rimpiazzato alla gigantografia che ho a casa mia del bacio di Doisneau.
Sembrano sposi vero? Invece no, credo siano ad una festa.




Guarda quanta poesia c’è in quella mano posata sul braccio di lei. Come dice “è roba mia” nel senso più bello del mondo.
Queste sono le fotografie che fanno male agli occhi quando le tue labbra sono orfane da ormai più di cinque anni.

Ma non è questo il luogo per parlare di queste cose.

Oggi ultimo giorno.
Tra poco andremo alla spiaggia. Ultimo sole, ultimo bagno.
Poi finire le valigie, giusto le ultimissime cose da buttarci dentro.
Infine la serata fuori con le ragazze.
Musica dal vivo, karaoke (vuoi vedere che riesco a cantare per la prima volta al karaoke?) e un salto al “El squid roe” LA discoteca di Cabo.
Ho anche una sfida aperta tequila contro vodka (non mi piace tanto la tequila) a chi si imborracha prima con Calafia.
Vedremo, ma credo la sua resistenza sia di lungo inferiore alla mia.
Se va male domattina avrò un cerchio di pugnali in testa e dormirò tutto il viaggio.
Ma chiudere così è un’idea che mi piace.
Vado a salutare il Messico …

giovedì 23 giugno 2011

Solstizio d'estate


Solstizio d’estate.
Uno dei momenti più energetici dell’anno.
Inizia l’estate, finisce la mia pausa.

Alle sette siamo andate, con la galu e calafia alla playa de las viudas, la spiaggia delle vedove.
E’ un posto bellissimo, pieno di sassi, rocce, scogli.
Ripensandoci alcune rocce ricordano Stonehenge.
Strane forme, pertugi nelle rocce che sembrano creati apposta per accenderci il fuoco.
Noi questa sera non lo faremo. C’è troppo vento e non resisterebbe.

La luce è già quella lunga, rosata del sole che sta per tuffarsi dietro ai monti della Sierra.
Faccio poche foto, voglio concentrarmi su altro.
Su questo momento, la natura, l’energia.
Abbiamo con noi dell’incenso, dei fiori, vino.
Si canta qualche canzone, e si ascolta il rumore della natura, di tutti gli elementi.
Rendendo grazie per quello che di buono abbiamo avuto, chiedendo qualcosa per noi, per gli altri. E lasciando andare qualcosa, se serve.
Un po’ di riso a rappresentare l’abbondanza.
Un momento molto intimo, sereno, rappacificante.
Le pietre, la festa del solstizio, la cerimonia mi ricordano i Druidi e i celti. E Lot, ma questa la capiranno davvero in pochi.

L’incenso sa di buono, è quello vero e viene dal Chiapas.
Versiamo il vino e brindiamo alla vita, al sole, alla forza.
Il mare si rompe sugli scogli con un suono che è meraviglioso.
Coppiette arrivano e si appartano, il posto è davvero romantico.
Il vento è fortissimo e tutto ha un’intensità spettacolare.

Saluto questo mare, saluto questo sole.
Dando il benvenuto all’estate ho iniziato anche a dire il mio arrivederci al Messico.
Perché questo non è un addio. E’ un arrivederci.

Carpe diem

E’ morta mia suocera.
Questa notte, nel sonno. In una residenza sanitaria per anziani, un nome delicato che si sono inventati per addolcire la definizione di “ospizio”, nella quale stava da tre anni.
Si è lasciata andare. Ad un certo punto, qualche anno fa, si è lasciata andare e si è spenta.
Ha spento la testa,  almeno. E da parecchio tempo non riconosceva neppure più suo figlio.
Di salute stava più che bene e, per fortuna, se n’è andata come aveva sempre desiderato, senza soffrire, senza terapie, sondini, interventi o altro. Ha dato l’ultimo giro al suo interruttore e si è spenta del tutto.

Ricevere questa notizia nei miei ultimi giorni messicani è stato come uno schiaffo in pieno viso.
Di quelli forti che ti lasciano stordita.
Eri in un sogno e sapevi pure che sarebbe finito, anzi stava per finire, una manciata di ore, qualche pomeriggio e si tornava alla realtà.
Invece no. Tutto insieme in un secondo nel cuore della notte.
Un sms. E’ morta mia madre. Ci sentiamo su skype più tardi.
Questo nuovo elemento nella già fragile equazione di “il mio futuro uguale ?” arriva inaspettato e mi fa lo sgambetto.
So che suona orribilmente ma vorrei riuscire a congelare le ultime ore e tornare indietro a ieri sera.
Scongelare la mia realtà, quella che mi aspetta al varco, solo quando avrò “varcato” quella soglia.
Solo tornata a casa.

Non parlerò qui di quello che provo anche perché è chiuso in una parte che ho accantonato, ibernato per questa pausa dall’altra parte del mondo.

Oggi la giornata è stata strana, lunghissima e completamente senza senso.
Quello che so è che siamo fragili, tutti. Che quello che non facciamo oggi è perso per sempre. Che la vita che cerchiamo di evitare o rimandare non la ritroveremo.
E quindi voglio celebrare la vita. La sua instabile bellezza, gli attimi da afferrare perché non sai se passeranno ancora.
Anche i suoi momenti difficili.
Perché è attraverso le difficoltà che si raggiungono le stelle.
E io, alle stelle, ci voglio arrivare.




















Ciao Pinuccia, spero tu abbia trovato la pace ora, dovunque tu sia.

mercoledì 22 giugno 2011

Il compleanno


Ed è arrivato.
Il giorno in cui anche la galu volta il mezzo secolo.
Fa impressione a dirsi, fa impressione anche averli.

Chiedo alla galullo come si dice “lasciare” in spagnolo.
Lei mi chiede ma lasciare tipo che lasci un fidanzato? Che lasci … non so tipo “Devo lasciare questa cosa per la festa di questa sera al ristorante di gigi?”
Eccheppalle! Fingi almeno no?

No.
Tonnellate di mail e di messaggi in feisbuc e telefonate.
Mi legge l’oroscopo del giorno. Il suo. In inglese dice qualcosa che finisce con “Don’t be  abrasive.  In other words: be nice!”
Stavo per scaravoltarmi dal ridere ma mi sono davvero ribaltata quando, serissima, dopo averlo letto ad alta voce in inglese si è girata verso di me ripetendomelo in messicano.
Galuuuuuuuuu!! Sono io. L’avevo capito già in inglese!
Beh è invecchiata anche lei!

Ho delle cose da comperare e portare al ristorante ma devo aspettare che lei vada a lavorare.
Esce a mezzogiorno. Un’ora più calda no eh?
Mi metto addosso una vestitino veloce ed esco.

In cartoleria.
Allora qui manca tutto, persino l’acqua che non si può bere dal rubinetto, ma ci sono tantiiiiiiiissimi negozi che trattano solo articoli per feste. E papelerie, enormi, che lavorano tantissimi.
Qui vicino ho visto Anita. Ho chiesto alle due bionde e mi han detto che va bene.
Ora tutto sta a farsi capire per il biglietto e il palloncino da mettere in tavola.
Ovviamente in cartoleria nessuno parla inglese.
Insomma mi faccio capire, suscitando ilarità, prendo il biglietto di auguri, il palloncino e le candeline. Cinquanta. Così impara!
Combattere contro il vento portando il globo non è facile. Il palloncino è uno di quelli di carta tipo metallizzata gonfiato ad elio. Leggerissimo e senza appigli per trattenerlo, quindi si piega al vento.
Arrivo al ristorante e lascio al ragazzo il globo e un sacchetto con le cinquanta candele magiche, quelle che non si spengono.
La giornata è stata piuttosto piena.
Ho intrecciato parecchie collane da portare questa sera visto che le avevano chieste.
Poi arriva la galu dal lavoro, cosa mi metto, cosa non mi metto. Cosa ti metti tu.
Cosa sta bene con questa collana?
Decidere il vestito e cambiare tutto all’ultimo.
Anche qui, tutto regolare.
Arriviamo al ristorante e non c’è nessuno.
Se la festa inizia alle 7, in Messico, alle sette non c’è nessuno. Neppure la festeggiata.
Infatti siamo arrivate alle sette e mezza. E ancora non c’era nessuno.

Arrivano alla spicciolata portando regali, fiori, un altro globo (più bello del mio ggggrrrrrr)
Il cameriere che abbiamo incontrato l’altra sera mentre discutevamo i dettagli della festa mi porta una Pacifico via l’altra. Non faccio a tempo a finire una bottiglia che lui arriva con una nuova. Mi va di lusso direi.

Gi invitati sono diversi tra loro che di più non si potrebbe.
Francesi, italiani, argentini, messicani di varie parti del messico.
Non tutti parlano inglese, io non parlo lo spagnolo. C’è un francese che, come fanno sempre, parla la sua lingua appena può.
Discutere in francese, inglese, spagnolo e pure italiano con gli italiani: altro che torre di Babele!
La galu è felice, si vede. La fotografano tutti come una diva di Hollywood.

Arriva Calafia con la valigia “molto ben camuffata” . La porta dalla maniglia che sbuca dalla carta regalo e la fa camminare sulle quattro ruote. Chissà cosa sarà mai?
Vino, birra, pasta cotta bene. I proprietari sono veronesi ed emiliani. L’adattamento al Messicano è d’obbligo e mi ritrovo a mangiare una pasta con la panna piccante.

Dramma delle candeline. Ti pareva che non ci fosse un dramma dietro l’angolo?
E’ il momento della torta che è stata portata in gran segreto, acquistata con cospirazioni e consultazioni. Alle candeline ho pensato io. Arriva Gigi mi chiede “ma ci sono le candeline?”
Certo! le ho date io al ragazzo questa mattina.
Ma quale ragazzo? Qui non sanno niente!

Dopo un po’ torna e mi spiega che in messico  se dai un sacchetto ad uno dicendo che ci sono dentro le candele non vale la parola “candele” o qualsiasi altra parola.
Gli hai dato un sacchetto? Un sacchetto gli devi chiedere indietro.
Se gli chiedi le candele per la festa ti dice che non le ha e non le ha mai avute.
Il sacchetto della festa sì.
Transeat.

La torta è triplo cioccolato. Alta una spanna e ricoperta di fiamme.
Per fortuna ho preso le candele magiche perché con questo vento le candele tradizionali non avrebbero resistito un minuto.
Cantano la canzone del compleanno messicana e poi anche tanti auguri.
Soffia le candele un po’ di volte e poi l’aiutiamo a smorzarle.

Auguri auguri, apertura dei regali. Ciao ciao buonanotte a tutti.
Eh fai presto tu a dire buonanotte!

Bisogna portare a casa la valigia, la composizione floreale, i due globos, altri regali e una torta che le hanno regalato perché è una delle sue preferite e quel che resta della torta cioccolatosissima.
Ovviamente io finisco con la torta al cioccolato.
Ovviamente perché era la cosa più complicata da portare. Il coperchio originale si era un po’ sminchiato (termine tecnico per i coperchi di torte!) la cioccolata si era sparsa un po’ dappertutto e mantenerla non era proprio facilissimo.
Torniamo a casa con la galu e inès a piedi, son solo due quadri!

Allora ci tengo a specificare che qui i marciapiede non sono in buone condizioni e i gradini per salire e scendere sono spesso strambi, doppi, troppo alti, con balzelli strani.
Quindi prendo un marciapiede non esattamente liscio, ondeggio, traballo ma resto in piedi però …. mi schizza dalle mani la torta e ….

SPATAAAAAAAASHHH

Mi si spiaccica la torta sul muro bianco della scuola.



Sono la peggiore, solo a me riesce di combinare casini come questo!

n.b. la foto è stata scattata il giorno dopo.
Dopo lo spetasciamento io ero ricoperta di cioccolata sin non oso dire dove. La torta è stata staccata – letteralmente staccata e questo la dice lunga sul grasso e la collosa consistenza della stessa – dal muro come meglio si poteva con le mani di tutte e tre impegnate, palloncini e il rischio di essere viste e quindi buttata nel primo bidone disponibile.
Visto che la prova ancora esisteva ne ho approfittato per immortalare la mia ennesima cazzata!


Santa Maria e malinconia


L’ultima domenica in Cabo.
Una giornata di sole con tanto vento.
Usciamo per il desayuno. E andiamo in un posto meraviglioso che affaccia sul mar di Cortez.
Siamo dirette alla spiaggia di Santa Maria. Una delle aree protette nelle quali si fa snorkeling.
Con noi c’è anche la vicina argentina Inès.
La colazione è spettacolare, all’aperto, il vento che fa rumore tra gli alberi e i rami fioriti.
Mangio forse gli ultimi pancakes di questa vacanza. Mi guardo intorno e tutto è così bello … una sorta di malinconia. Forse è quella che i brasiliani chiamano saudade?
Forse.
Mi guardo intorno e mi rendo conto che tutto questo  mi mancherà, moltissimo.
Cogli l’attimo, cogli l’attimo, cogli l’attimo. Lascia stare quando tornerai.
Sei qui. Adesso.
Respiro il profumo del mare e dei dolci misti alla pancetta fritta,
Il profumo del caffè, il chiacchiericcio leggero degli altri nel locale.
E’ davvero un bel locale.
Faccio qualche foto ma quasi mi manca la voglia. Non rendono giustizia, mai abbastanza a quello che vedo.

Andale! Si parte per Santa Maria.
La strada tra il parcheggio e la spiaggia e una spianata di sabbia in mezzo ai cactus e agli sterpi.
Fotografo la choya, il cactus tipico di Cabo e della Baja California Sur.

 

Fotografo un grande cardone

 

 e la pittaya


Non sapevo neanche esistessero sino a due mesi fa.
Due mesi …
Basta!
Mi avvicino per fotografare meglio una pianta di choya e sento la galu che mi strilla “rrrrrapido formica, rrrrapido”
Qui quando ti devono dire di far veloce le erre di rapido si moltiplicano per nonsisaquanto.
Uffa, stavo facendo delle belle foto!
Formica, non stare lì, qui sì ci sono i serpenti.

O.O
Noooooooo i serpenti no.
Sgrunt. Arrivo alla spiaggia senza fiato.

La spiaggia è meravigliosa, un angolo di mare in un golfo di roccia. Piccoli sassi al posto della sabbia.
Raccolgo conchiglie minuscole, sassi che luccicano e pezzi di corallo bianco, poroso. Qui è così.
Mi perdo a guardare le onde che si infrangono e come cambiano.
Qui c’è una gran quiete. Come ovunque, soprattutto in questa stagione.
Ci sono famiglie intere sparse qui e là. Ma mi rassicurano che le famiglie arriveranno a ora di pranzo, quindi verso le tre. Sono le undici. Va benissimo.

E’ inutile, le persone qui stanno vestite. Non si spogliano né al sole, né all’ombra, né in acqua.
Mangiano, bevono. Hanno sacchi enormi di chicharrones e solo l’idea mi rivolta.
Arrivano dei piccoli catamarani per lo snorkeling e qualche grande yacht con la stessa intenzione.

Faccio il bagno. L’acqua è davvero fredda ma è limpida tanto che si distinguono i singoli sassi, i pezzi di corallo e le conchiglie sul fondo.
Non c’è sabbia quindi niente vola.
E’ una bellissima sensazione.

Ogni tanto approfittiamo dell’assenza della galu per finire di organizzare il compleanno di domani.
Sempre nelle due lingue mescolate e con Calafia che non è lì via sms.

La galu ride e si rivolge ad Inès “Credi che io sia scema?”
E, con il massimo del candore, Inès le risponde “Sì.” Con quel suo accento argentino che non si capisce un cazzo quando parla soprattutto con le doppie L
E’ il tuo compleanno, compi cinquant’anni non rompere i coglioni e lasciaci fare.

Il sole è caldo ma il vento tira forte per cui è piacevole stare lì come una lucertola.
Mi giro quando la galu mi avvisa che mi si è arrossato il viso.

Rientriamo con tutta calma passando dal Walmart perché di servono “due cose di numero” e ne usciamo più di un’ora dopo con il carrello pieno. Un classico direi.
La cosa buffa è che abbiamo incontrato Calafia che era venuta a comperare la valigia, il nostro regalo per la galu, e facendo la gnorri se n’è andata per tornare a comperarla il giorno dopo.

A casa doccia lunga e tanta crema doposole.
La luce lunga del sole che calava mi ha come ipnotizzata.
Un attimo di magone.

Questa sera non usciamo.
Passo la serata a scrivere che sono un po’ in arretrato con il blog.

 

lunedì 20 giugno 2011

Snorkeling


Lo snorkeling, parola che prima del messico significava qualcosa da fare nell’acqua di piuttosto pauroso.
Una volta qui ho capito di cosa si trattava. Tutto sommato affrontabile.
Ma io ho una paura fottuta del mondo subacqueo. Mi terrorizza l’idea del peso dell’acqua, della profondità, del perdersi, dell’essere “in balia” come si dice delle onde. E quindi senza possibile controllo.
Non respirare a pieni polmoni, avere il fiato solo dalla bocca.
Ma soprattutto il profondo del mare, anche se osservato a pelo d’acqua. L’idea dell’immensità, parole che terrorizza. Perché ho sempre avuto bisogno di confini. Un perimetro certo, di sicurezza.
Talmente tanto ne ho avuto bisogno da crearmi una gabbia per metà della vita.

Ma torniamo a Cabo.
Ieri mattina sole giallo e vento forte. Sta facendo un tempo strano qui.
Il sole scotta ma non fa caldo. Meglio non fa il caldo che di questa stagione fa qui solitamente.
Lo prendo come un regalo del destino. Quello di non aver sofferto quasi per nulla il caldo.
Il caldo c’è stato e c’è. Ma io non ho sofferto.

Sono uscita di casa per raggiungere la galu alla marina ed ho fatto una strada diversa dal solito.
Mi sono fermata in una papeleria, qui ce ne sono una infinità, per comperare delle cose che serviranno per il compleanno di domani. Candele che non si spengono, un biglietto da scrivere alla galu, e una cosa che esiste solo qui che poi domani fotograferò.
Mi sono ritrovata in angoli bellissimi che però non avevo tanto tempo per fotografare.
Ci torno domani. Perché ho anche trovato delle bancarelle con cose che non avevo visto altrove. Vediamo se c’è spazio per qualcosa da portare a casa.

Ho fotografato un’orrenda cosa di Cabo: la statua che riproduce il Marlin più grande del mondo. Cabo è la meta “top” per la pesca sportiva al marlin. Porelli! I marlin …

Lo snorkeling è un tour completo con giro completo dell’arco (qui l’arco è il centro dell’attenzione di tutto e tutti, non si scampa!) su un grande catamarano a due piani.
Open bar – che crea disastri perché il mondo è pieno di deficienti – e pranzo post snorkeling. Totale circa 4 ore di mare.
La nostra barca è il Cabo Escape.
Tutti con il meraviglioso braccialetto che ti mettono dovunque.
Ci sono quelli che stanno nei resort che hanno fisso il braccialetto dell’alberto più tutti i bracciali delle attività del giorno. Sembra un po’ nazista come cosa … ma fa sorridere.

Bien. La galu arriva e saliamo sulla barca.
Non ci siamo ancora sedute e già ci offrono da bere. Ma berremo acqua sin dopo il bagno.
Un ragazzo, giovane e dall’aria insolente arriva con il microfono. Ci tremano i polsi. Non ci darà il tormento tutto il viaggio, vero?
La paura iniziale si rivelerà infondata.
Il ragazzo è molto carino e non è insistente. La musica spara dagli altoparlanti e il dj è un ragazzo che avrà 16 anni. Assomiglia a Justin Bieber, fa tenerezza.

Il mare è mosso, il vento tira forte. Il caldo non si sente affatto. Il sole lascerà la sua firma. Questa sera, domani.
Guardo l’arco sapendo che, almeno per un po’, sarà l’ultima volta che ci passo accanto, che lo vedo e che ascolto il rumore delle onde che si infrangono lì intorno.
Barca, mare e vento sono un insieme che mi strega. Mi calma. Mi abbraccia.
Ci invitano ad andare a prendere l’attrezzatura per lo snorkeling.
Prendo le pinne, no. Son piccole, mas grande. Sono lunghissime. Mi sembro sky di Mammamia!
Prendo la maschera e il boccaglio, ci danno il giubbotto di sicurezza e mi manca un po’ l’aria.
Non l’ho confessata la mia paura del mare. Non ne ho parlato per non nutrirla. Ma ora ho le pinne di fronte, la maschera in mano. La provo e stringe, schiaccia il naso, chiude come in una morsa.
Guardo il boccaglio e pare impossibile riuscire a respirare da lì.

Scendiamo. Tra poco arriveremo e dovremo tuffarci.
Attenti a come usate le attrezzature. Stringete bene le maschere. Attenti al boccaglio, restate a pelo d’acqua altrimenti bevete. State lontani dagli scogli che son pericolosi.
Non toccate i pesci, non prendete i coralli, state attenti agli altri che nuotano.
E l’ansia si fa sentire.
Il ragazzetto del microfono, Paùl, parla con la galu avendo scoperto che è del luogo. E le chiede di me. Lui inizia a cantarmi delle canzoni in italiano e a chiamarmi bambola, bambina e piccolina. Fa tenerezza sembra un cartone animato ma mi mette anche in imbarazzo. Sono terribilmente timida anche se nessuno vuole crederci o se ne rende conto.

Ossignore tocca a  noi. Come li scendo questi gradini con i piedi lunghi mezzo metro?
Non so come ma ce la faccio.
L’acqua è ghiaccio puro. E per dirlo io …..
La galu si tuffa dietro di me e credo stai per morire di un colpo con questa temperatura.
Ecco. Ci sono.
La spiaggia vicino alla quale siamo è Chileno Bay. È molto bella ma a noi è proibito andare sulla spiaggia.
Dobbiamo limitarci alla nostra attività e tornare alla barca quando la sirena suonerà tre volte.




Metto la maschera. Stringe d’inferno. Il boccaglio come si terrà? Riuscirò a respirare in questo modo?
Metto la testa sotto l’acqua ed ho una specie di capogiro: è profonda! Siamo vicini alla spiaggia ma qui è davvero profonda.
Esco, tolgo il boccaglio e respiro.
Torno a guardar giù.
Mi rendo conto che respiro in un modo strano, per nulla naturale e cerco di dare un senso a tutto questo.

Poi, improvvisamente, vedo un pesce, e due e tantissimi. Il cuore va sempre a mille, il respiro è un po’ mozzato ma qui sotto c’è un mondo intero.
La prima cosa che mi viene in mente è la scena iniziale di nemo.
Con gli anemoni, le rocce, i fondi e tanti tanti pesci.
E’ immenso, spaventoso e meraviglioso.
Senza accorgermene sto respirando normalmente, semplicemente non ci penso più.
Guardo con gli occhi spalancati questo mondo che si apre.
Sì li ho visti i documentari. Ne ho visti un sacco. C’è stato un tempo che non perdevo una puntata di Quark e dei documentari di Jacques Cousteau.
Ho visto cosa riprendevano, ma vederlo sentendo il freddo dell’acqua intorno, vedendo le tue mani in quell’acqua cristallina, vedere il fondo, parecchio in fondo, dove pesci anche bruttarelli si aggirano tra i buchi nella roccia. Qualche corallo molto chiaro e niente a che vedere con la barriera corallina di posti diversi da questo.
Meno ti muovi e più i pesci ti si avvicinano.
Le rocce sono lì a qualche bracciata e mi faccio un po’ più audace. Mi avvicino un po’ e scopro nuove cose.
Via! Ho buttato via anche questa paura ed ho conquistato un mondo nuovo.
Chissà, forse l’egitto il suo mare e i suoi pesci.
Frena pirla! Con quali soldi?
Ok non ci penso. Né all’egitto né ai soldi. E soprattutto non al ritorno.

Bello, bellissimo.
Torniamo a bordo e sono infreddolita e affamata.
Prendo il mio piatto di cose messicane assortite e salgo al sole. La signora della luna e della notte mangia al sole. E si beve pure una birra, guarda un po’!

Il ragazzo inizia a fare dei giochi. Yeah! Il musichiere!
Sì ma son da sola e dall’altro lato c’è un gruppo di sei o sette ragazze giovani di san diego che urlano come aquile e le sanno tutte, più di me, e son più veloci.
Il gioco, però, mi diverte molto.
Paùl ogni tanto arriva a dirmi cose in italiano “Bambina piccolina io ti amo, sei la più bella del mondo” rido e abbasso gli occhi.

Intanto qualche scena pietosa si consuma lì intorno. Una signora americana la mia età? Qualcosa meno forse, ubriaca, francamente ubriaca, balla da sola in mezzo alla gente e ci prova in tutti i modi con Paùl che cortesemente le dà retta ma cerca anche di fare il suo lavoro. Povero figlio ….
Un’altra che ha agitato tette e culo sino a un attimo prima si sporge e vomita tutto fuori. Non oso pensare al fatto che c’è un piano di sotto e ci sono persone sedute a tavola all’ombra a mangiare.
Faccio il possibile per distogliere occhi e pensieri da quella scena. Ce ne saranno un altro paio simili.
Mi faccio delle domande ma tanto non trovo le risposte quindi vado avanti a giocare.

Ok arriva la tequila. Siccome, evidentemente, la galullo si diverte a fotografarmi si impadronisce della macchina e scatta mentre Paùl mi caccia in gola una considerevole quantità di tequila.
E facciamoci sta tequila.
Quindi lui nota la galu con la macchina e decide la posa. Mi prende una mano e se la piazza sul culo quindi si alza la maglia mi si avvicina a livelli quasi imbarazzanti e si mette in posa.
Scoppio a ridere ed è lì che la nostra novella Helmut Newton ha immortalato l’istante.





Ci ha preso gusto ed ha anche imparato in fretta come usare la fotocamere per essere una persona non tecnologica, come ama definirsi!

Siamo quasi arrivati e sulle note di “I gotta feeling” ci invita a cantare e ballare tutti per il ritorno al porto e per salutarci.
Praticamente un invito a nozze. E la mia Newton ne approfitta …
Ci sono le prove di tutto questo J

Una giornata meravigliosa. Un altro pieno di emozioni.